oliviero toscani

Il fotografo Oliviero Toscani, 82 anni, è morto questa mattina perdendo la sua battaglia contro l’amiloidosi, una rara e grave malattia che lo affligge da mesi. Toscani era ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Cecina (Livorno) dal 10 gennaio. Lo scorso agosto, Toscani aveva rivelato pubblicamente di soffrire di questa patologia, definendola un “mostro invisibile”.

Cos’è l’amiloidosi?

L’amiloidosi è un gruppo di malattie rare caratterizzate dall’accumulo anomalo di proteine nei tessuti e negli organi, causando disfunzioni che possono risultare fatali. La gravità dipende dal numero di organi vitali coinvolti, e nel caso di Toscani, il cuore è tra i più colpiti, causando scompensi cardiaci severi.

La forma più comune nei Paesi occidentali è l’amiloidosi AL (primaria), che colpisce circa 10 persone ogni milione. Questa patologia si manifesta con anomalie delle plasmacellule che producono proteine anomale, dette catene leggere. I sintomi principali includono affaticamento, perdita di peso e, nei casi più gravi, insufficienza cardiaca con difficoltà respiratorie, debolezza e svenimenti.

Le terapie disponibili

Attualmente, non esiste una cura definitiva per l’amiloidosi. La prognosi varia in base alla tipologia della malattia e agli organi coinvolti. Le terapie si concentrano sul rallentare il decorso della patologia attraverso farmaci specifici utilizzati anche per il trattamento del mieloma multiplo. Nei casi in cui il cuore non sia compromesso, è possibile ricorrere al trapianto autologo di cellule staminali. Recentemente, gli anticorpi monoclonali hanno aperto nuove possibilità terapeutiche.

Nuove speranze dalla ricerca italiana

La ricerca sta facendo passi avanti grazie agli studi condotti dal Centro per lo studio e la cura delle amiloidosi sistemiche della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo. Due studi recenti hanno portato a scoperte importanti:

  1. Forma ereditaria: Identificata una variante genetica associata a una forma ereditaria di amiloidosi.
  2. Amiloidosi cardiaca: Studiata la forma “transtiretina wild-type”, la più comune nelle patologie cardiache, con l’individuazione di biomarcatori e fattori di rischio che permettono di ottimizzare le terapie.

Questi risultati offrono nuove speranze, consentendo di personalizzare i trattamenti e garantire che le terapie siano indirizzate ai pazienti con maggiore possibilità di trarne beneficio.

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