“Mi si è spento il cervello, e li picchiai… ma non ho mai voluto ammazzarli”. Al processo per l’omicidio del piccolo Giuseppe Dorice, dal banco degli imputati, così Tony Essobti Badre, il patrigno, racconta quella notte di violenza in cui picchiò selvaggiamente il bambino di appena 7 anni e la sorellina di poco più grande a Cardito. Giuseppe fu soccorso in ritardo dai sanitari e non riuscì a farcela; la sorellina, sfigurata, fu salvata dai medici del Santobono.
Bimbo uccido di botte a Cardito, il processo a carico di Tony
Nell’aula 114 del Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli, l’interrogatorio è durato circa due ore. Numerose sono state le contestazioni avanzate dal sostituto procuratore a Badre in relazione alle sue dichiarazioni, ai contenuti delle intercettazioni e dei messaggi acquisti durante le indagini che lo vedono reo confesso e accusato di omicidio volontario del piccolo Giuseppe.
Il racconto di Tony
Il racconto del 25enne è stato intervallato da una serie di “non ricordo”, anche quando gli è stato chiesto di un altro episodio ricostruito dagli inquirenti. Giuseppe fu picchiato anche il giorno prima dell’omicidio, in strada. Ma dalle indagini è emerso anche altro: quel pestaggio era stato l’ultimo di una lunga serie, i bambini venivano picchiati continuamente e la bambina aveva anche cercato di chiedere aiuto a scuola, senza però essere ascoltata.
“Mi sono messo nel letto per rilassarmi un po’ – ha spiegato Badre in Tribunale – verso le 8 e qualcosa sentii che saltavano sul letto… mi è venuto un raptus di follia, mi si è spento il cervello, e li picchiai… ma non ho mai voluto ammazzarli”. Il motivo, ha risposto Badre al pm Fabio Sozio, sarebbe stato nel fatto che i bambini, giocando, avevano rotto la struttura del letto. “Fu un raptus di 5 minuti… mi è venuto in cameretta dopo aver visto la struttura del letto rotta… è come se in quel momento mi si fosse spento il cervello…”.
A processo anche la madre dei bambini, Valentina Casa, 30 anni. La donna è accusata di non avere mai fatto nulla per fermare quelle violenze che si consumavano a casa, sotto ai suoi occhi. Ha ammesso inoltre di non avere soccorso i figli dopo l’ultimo pestaggio. Fonte: Tele Club Italia
Bimbo ucciso a Cardito, il patrigno intercettato: “L’ho riempito di mazzate”.
Parole tragiche. Succedeva a maggio. «Io non so cosa mi ha preso quel giorno, ma l’ho riempito di mazzate, ho preso una mazza e non ho capito più nulla». A parlare, in dialetto, senza sapere di essere intercettato, è Badre Tony Essobti, imputato insieme con l’ex compagna Valetina Casa, nel processo sull’omicidio di Giuseppe, il bimbo di 7 anni di Cardito (Napoli), ucciso a bastonate il 27 gennaio 2019.
Nell’aula 219 del Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli, davanti la terza Corte di Assise si è celebrata l’udienza con Essobti e Casa videocollegati dalle carceri dove sono detenuti. I teste di polizia giudiziaria, rispondendo alle domande del pubblico ministero, hanno relazionato la Corte riguardo i contenuti delle informative e soprattutto riguardo le conversazioni al telefono intercettate e le ambientali registrate durante i colloqui in carcere.
Un'altra conversazione
In un’altra conversazione emerge un’altra chiave di lettura riguardo le percosse che Valentina Casa ha ricevuto quella tragica domenica mattina dal compagno: colpi in realtà ricevuti da Tony in preda a un raptus non perché la donna si era frapposta tra il compagno e il bambino ma come reazione a un gesto accidentale della donna.
I testimoni della Polizia Giudiziaria hanno anche illustrato alla Corte le conversazioni intercettate a Massa Lubrense, dove Valentina Casa era tornata dopo la morte del figlio: colloqui nei quali non emerge un minimo sentimento di dolore per la perdita del figlio, mai un pianto, mai un cenno di disperazione.
Anzi, in una circostanza, la donna progetta di andare a cinema con le amiche. La tendenza alla violenza di Tony emerge anche in un’altra intercettazione che vede come interlocutori la sorella dell’imputato, Maria, e una ex di Badre: «quello (Tony, ndr) – dice la ex – anche quando stava con me è stato sempre stato violento e aggressivo. E io gli dicevo ‘Tony sei un bravo ragazzo, non ti devi comportare così’».
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