Daniele De Santis e Eleonora Manta
Daniele De Santis e Eleonora Manta

Una storia di amore e di quotidianità appena cominciata si è trasformata in uno degli omicidi più agghiaccianti degli ultimi anni. Il 21 settembre 2020, Daniele De Santis, 33 anni, arbitro di Lega Pro, e Eleonora Manta, 30 anni, impiegata all’INPS, venivano brutalmente uccisi nella loro casa di Lecce, al civico 2 di via Montello. Quel giorno doveva essere speciale: la loro prima sera da conviventi, una nuova fase della vita da condividere. Ma alle 21:15 circa, qualcuno ha fatto irruzione. Mascherato, armato, freddo. Era Antonio De Marco, ex coinquilino di Daniele, consumato da invidia, solitudine e odio repressi.

Una furia omicida lucida e premeditata: 79 coltellate per cancellare un amore

L’aggressione fu brutale e calcolata. I corpi di Daniele ed Eleonora presentavano 79 coltellate. Lui morì sulle scale interne del palazzo, lei sulla soglia dell’abitazione. Prima di crollare, Daniele riuscì a strappare la calza che celava il volto dell’assassino: era l’ex coinquilino, che fino ad agosto aveva condiviso l’appartamento con lui.

Antonio De Marco, 21enne studente di infermieristica, aveva lasciato casa solo da poche settimane, dopo che Daniele gli aveva chiesto di liberare la stanza per poter iniziare la convivenza con Eleonora. Un gesto normale, ma che De Marco non aveva mai accettato. Aveva tenuto con sé una copia delle chiavi e, nel silenzio della sua mente disturbata, aveva iniziato a pianificare il delitto.

Il file “Vendetta” e la follia scritta nei diari: «Erano troppo felici, dovevano morire»

Gli inquirenti, dopo tre giorni di indagini serrate, lo identificano grazie a una serie di indizi: videocamere, una chiave usata per rientrare a casa, una banconota con il suo Dna, e soprattutto fogli scritti a mano lasciati nella casa della strage. In quei fogli, Antonio aveva annotato i passaggi dell’omicidio, come in un copione.

Nel suo computer è stato rinvenuto anche un file dal titolo inquietante: “Vendetta”. Lì, il giovane parlava di uccidere, fare a pezzi i corpi, bollirli, farli sparire. In un passo del diario, scrive:
«Li vedevo troppo felici. Ho avuto una crisi mentre stringevo un cuscino, pensando che gli altri possono abbracciare persone vere. Ho comprato degli attrezzi. Voglio uccidere qualcuno, voglio farli a pezzi».

Gli inquirenti ricostruiranno un piano lucido e meticoloso, studiato per giorni, con la volontà di torturare le vittime e cancellare ogni traccia, anche usando prodotti disinfettanti. Solo per puro caso De Marco non riuscì a mettere in atto il piano completo.

L’arresto, la confessione e il processo: nessun rimorso, nessun pentimento

De Marco fu arrestato il 28 settembre 2020 all’uscita dall’ospedale Vito Fazzi di Lecce, dove stava svolgendo il tirocinio da studente infermiere. Confessò tutto agli inquirenti, dichiarando:
«Li ho uccisi perché erano troppo felici».

Durante tutto il processo, non ha mai chiesto scusa, né ha mostrato segni di pentimento. Le perizie psichiatriche hanno stabilito che era pienamente capace di intendere e di volere al momento del delitto.

Il 7 giugno 2022, la Corte d’Assise di Lecce lo ha condannato all’ergastolo, pena confermata il 9 febbraio 2023 in Appello, con l’aggiunta di tre anni di isolamento diurno. Il 24 giugno 2023, De Marco ha rinunciato al ricorso in Cassazione, rendendo la condanna definitiva. Attualmente è detenuto nel carcere di Borgo San Nicola, a Lecce. Ha cambiato indirizzo di studi, iscrivendosi alla facoltà di Filosofia, ma continua a non mostrare alcun segno di redenzione.

La voce dei familiari: «Abbiamo avuto giustizia, ma niente ci restituirà i nostri figli»

In aula, i familiari di Daniele ed Eleonora non hanno mai mancato un’udienza, affrontando con dignità e dolore un processo durissimo. Dopo la condanna definitiva, la madre di Eleonora, Rossana Carpentieri, ha dichiarato:
«Oggi sono un po’ più felice. Nessuno mi potrà ridare mia figlia, ma almeno Daniele ed Eleonora hanno avuto giustizia».

Questa storia, seguita anche dalla trasmissione “Un giorno in Pretura” su Rai 3, rimane un simbolo dell’orrore che può generare l’invidia cieca e della fragilità psicologica che, se non intercettata in tempo, può trasformarsi in una tragedia devastante.

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