CAMORRA. Un sistema perfetto, che per anni gli ha permesso di diventare il punto di riferimento del narcotraffico internazionale in Europa.

Basi logistiche, ovvero "case insospettabili" dislocate in piu' punti d'Italia. Porti sicuri, "con navi commerciali grandi che fanno tratte intercontinentali" e i "cambisti", uomini di fiducia che giravano soldi e li ripulivano.

E' Raffaele Imperiale, il boss che possedeva anche due Van Gogh rubati, a raccontarlo ai pm della Dda. Il 10 novembre scorso, in un verbale depositato di recente dai pm che l'AGI ha potuto visionare, il re del narcotraffico ha ricostruito nei minimi dettagli il modus operandi dell'organizzazione da lui creata, che aveva come 'clienti' potenti cosche napoletane e calabresi e in ottimi rapporti con i cartelli sudamericani.

"Della logistica e dei rapporti con i gruppi criminali italiani inizialmente si occupava Mario Cerrone, al quale sono poi subentrati Daniele Ursini e Bruno Carbone", spiega, ammettendo di essere arrivato nel 2010 a Dubai, con 100 milioni di cocaina nascosti a Napoli all'isaputa del clan Amato-Pagano frutto dei suoi 'affari' in Brasile, e da li' di aver usato piattaforme crittografate per gestire i suoi interessi in ogni angolo del mondo.

Camorra - La distribuzione sul territorio

Inizialmente proprio gli Amato-Pagano del quartiere napoletano di Secondigliano "si occupavano della distribuzione sul territorio" della sua droga. Dopo l'ordine della cocaina, "tutto ricadeva sotto la responsabilita' di Ursini che curava la gestione della consegna. Contattava direttamente il cliente e annotava il quantitativo consegnato e il nome del cliente. Poi almeno una volta al mese, anche piu' spesso, la confrontavamo con quella tenuta da me, che tenevo la contabilita' globale di tutte le operazioni".

Il lavoro era sempre a credito "e piu' velocemente pagavano i clienti piu' rapidamente gli facevamo ulteriori forniture. Era un sistema vorticoso in continuo movimento. Il trasporto del denaro avveniva con le macchine 'a sistema', quindi con lo spostamento fisico.

La consegna avveniva in un luogo individuato dal cliente, dove di solito ci occupavamo di ritirare noi, poi i nostri soldi venivano spostati in una nostra casa dove il denaro veniva contato e diviso e poi custodito in appositi appoggi".

Le ville nella disponibilita' dell'organizzazione "erano una decina, appoggi per droga e denaro, in due sicuramente non siete mai riusciti a entrare. In una di quelle in cui siete andati non furono scoperti 250 chili poi smerciati dagli Amato-Pagano", racconta.

Camorra, Imperiale: "Ho investito in lingotti d'oro..."

, anche da un noto centro orafo campano attraverso un contatto "...sono arrivato a 40 chilogrammi al mese". E' lo stesso Raffaele Imperiale, 48 anni, narcotrafficante di caratura internazionale a confermare agli inquirenti quanto avevano scoperto dalle chat, e cioé che investiva i proventi della vendida di grosse quantità di cocaina nel più noto dei metalli preziosi.

Camorra - Imperiale è noto alle cronache giudiziarie con il soprannome di "boss dei Van Gogh"

Perchè nel 2016 fu trovato in possesso di due quadri del pittore olandese rubati nel 2022 ad Amsterdam ed il cui valore fu stimato in 130 milioni di euro. Imperiale (arrestato la scorsa estate a Dubai e poi trasferito in Italia), difeso dagli avvocati del Foro di Genova Giovanni Ricco e Maurizio Frizzi, ha avviato un percorso di collaborazione con i magistrati della Procura di NAPOLI.

Le dichiarazioni

Le sue dichiarazioni su questo business le fa lo scorso 25 ottobre dinnanzi ai magistrati napoletani Maurizio De Marco e Giuliano Caputo e del facente funzioni di procuratore di NAPOLI Rosa Volpe.

"So che a NAPOLI vendono solo lamine, - dice - i lingotti li ho presi da un'azienda, una fonderia del Nord, vicino Venezia, si tratta di una signora di origini marocchine..." conosciuta, insieme con il marito, "...tramite un calabrese latitante...".

Imperiale dice anche che quest'azienda portava avanti questa attività "di vendita parallela". "Sono arrivato (a comprare) fino a 40 kg di oro al mese", 20-25 chilogrammi (3-4 chili al giorno) dal centro orafo campano, la parte restante attraverso le cryptovalute.

Ma "il prezzo cambiava a seconda della stagione, poi mi allontanai... ritenevo rischioso un possibile innalzamento dell'attenzione degli investigatori... alcuni operatori... facevano girare la voce di un interessamento all'oro dei 'signori della droga' ed era facile, pertanto, che queste voci arrivassero alle forze dell'ordine, d'altra parte la grande disponibilità di denaro rendeva fondato il sospetto". 

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