papa francesco e suor genevieve

Uno zainetto verde in spalla, il volto segnato dalla commozione, le mani strette a un fazzoletto. Suor Geneviève Jeanningros, amica di Papa Francesco, ha spezzato il silenzio formale del protocollo per concedersi un momento di dolore sincero davanti alla salma del Pontefice, nella Basilica di San Pietro. Il suo gesto ha colpito i presenti e fatto il giro del mondo, restituendo l’immagine più autentica di un legame profondo.

Il momento che ha commosso San Pietro

Piccola, fragile, visibilmente scossa. Suor Geneviève si è fermata per diversi minuti davanti al feretro di Papa Francesco, mentre cardinali e vescovi sfilavano in processione. Le lacrime sul viso raccontano una storia di amicizia e condivisione, fatta di battaglie comuni e di gesti di tenerezza, spesso lontani dai riflettori.

Un’amica degli ultimi

La religiosa, 81 anni, è da decenni impegnata con le persone più marginalizzate: i trans, i circensi, i senzatetto. Proprio lei aveva presentato queste realtà a Bergoglio, che non solo le ha accolte, ma le ha rese parte della sua visione di una Chiesa aperta e accogliente. A ogni udienza generale del mercoledì, suor Geneviève era lì, accanto al Papa.

“L’enfant terrible” di Francesco

Papa Francesco la chiamava affettuosamente «l’enfant terrible» per la vivacità dello sguardo e lo spirito indomito. Un soprannome carico di affetto, specchio di un legame costruito nel tempo con semplicità e stima reciproca. «È da lunedì che piango», ha detto don Andrea Conocchia, parroco di Torvaianica e compagno di tante battaglie con suor Geneviève.

La voce delle persone trans

«Padre, padre, mi sono appena svegliata e vedo che è morto Papa Francesco, tanto ci ha aiutato», si sente dire in un audio trasmesso dal cellulare di don Andrea. È la voce di Camilla, una delle donne trans che il Pontefice aveva accolto. Oggi si sentono abbandonate. «Erano figlie per lui», racconta il sacerdote.

La paura del futuro

Con la morte di Francesco, molte delle persone che si erano sentite finalmente ascoltate temono un ritorno all’isolamento. «Hanno perso un riferimento, una sicurezza, qualcuno che dava loro dignità», continua don Andrea. E ora la speranza è che il prossimo Papa continui su quella strada.

Il desiderio di un ultimo saluto

«Venerdì voglio tornare con loro a San Pietro», confessa don Andrea. Vuole accompagnare le sue parrocchiane e «qualche amico omosessuale» per un ultimo abbraccio spirituale a colui che li ha accolti e protetti, spesso in silenzio, con gesti concreti.

L’eredità del Pontefice

Il gesto di suor Geneviève ha reso visibile una parte importante dell’eredità lasciata da Bergoglio: quella dell’accoglienza senza giudizio, del Vangelo vissuto nel quotidiano. Il suo pianto è un appello affinché quella porta, aperta con coraggio, non venga richiusa.

Una speranza che resiste

In un’epoca in cui l’inclusione resta una sfida, le parole e le azioni di Papa Francesco continuano a parlare. «Spero soprattutto – conclude don Andrea – che i processi che il Papa ha avviato possano essere portati avanti con coraggio e profezia».

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