Nella giornata di ieri, martedì 6 giugno, i carabinieri di Milano hanno effettuato un sopralluogo presso l'abitazione di Senago (Milano), dove risiedevano Alessandro Impagnatiello e Giulia Tramontano. Il trentenne è attualmente detenuto nel carcere di San Vittore con l'accusa di aver ucciso la sua compagna incinta di sette mesi. Durante l'operazione, i militari hanno sequestrato un set di coltelli che si trovava sul fornello della cucina, tra cui si ritiene si trovi l'arma del delitto.

Il barman stesso ha indicato la posizione dei coltelli, e gli investigatori hanno eseguito rilievi all'interno dell'appartamento, del garage e della cantina della coppia. Rinvenute diverse tracce ematiche e biologiche all'interno della casa, principalmente nel soggiorno e nella cucina. Qui l'uomo ha dichiarato di aver colpito la compagna.

Tuttavia, sono state trovate anche tracce di sangue e segni di trascinamento sulla parete opposta, a una distanza di circa cinque metri dal luogo in cui Giulia sarebbe stata colpita. Alcune tracce ematiche e cenere sono state individuate anche sulle scale che conducono al garage. Tutti questi elementi, secondo la Procura, contraddicono la versione fornita da Impagnatiello.

Oltre al set di coltelli, gli inquirenti hanno sequestrato una tanica di benzina, presumibilmente utilizzata per appiccare il fuoco al corpo di Giulia. Così come un rotolo di pellicola utilizzato per avvolgerne il cadavere. Nella stessa giornata, il trentenne avrebbe indicato il luogo in cui si trovavano i documenti della donna: i carabinieri hanno recuperato la patente e alcune carte di pagamento da un tombino nel parcheggio della stazione di Comasina. Tuttavia, il cellulare della giovane non si è trovato.

Secondo la Procura, Alessandro Impagnatiello avrebbe pianificato l'omicidio di Giulia. A supporto di questa tesi, sono emerse ulteriori ricerche effettuate su Internet alcuni giorni prima del delitto. Gli investigatori, durante l'arresto, avevano già trovato delle ricerche condotte poche ore prima dell'omicidio. Sulla base di queste prove, la giudice per le indagini preliminari aveva escluso l'aggravante della premeditazione in quanto troppo ravvicinata al momento del delitto.

Alla luce di queste nuove prove, la situazione potrebbe ribaltarsi. Sembra che il trentenne abbia cercato su Internet gli effetti di un veleno per topi. Durante i sopralluoghi rinvenuta una confezione di tale sostanza all'interno dell'abitazione.

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