Vincenzo Salemme: “Siamo prigionieri dei luoghi comuni su Napoli”
L'attore racconta la sua carriera, il rimpianto di non aver avuto figli e il legame con Eduardo De Filippo.
Vincenzo Salemme si racconta in un’intervista al Corriere della Sera, ripercorrendo la sua carriera, i momenti più significativi della sua vita e il peso dei luoghi comuni legati alla napoletanità che, secondo lui, limitano le possibilità professionali degli attori della sua città.
Il peso dei luoghi comuni su Napoli
"Il caffè, la mozzarella, la pizza, le canzoni, Maradona… Ci dobbiamo portare dietro un bagaglio pesante che a nessun altro è richiesto. Un attore romano può fare tutti i ruoli: noi solo i napoletani", ha dichiarato Salemme, lamentando il peso degli stereotipi che condizionano spesso le scelte professionali per chi proviene da Napoli.
Un'infanzia felice e una famiglia unita
Salemme ha raccontato la sua infanzia, vissuta in una famiglia unita e serena: “Papà avvocato, mamma che aveva nel cibo un elemento per relazionarsi con gli altri, una nonna che regalava tutto quel che aveva ai poveri. Eravamo quattro fratelli e ho avuto un’infanzia felicissima. A 9 anni mi ritrovai a pensare: ma davvero la vita è così bella? Poi si cresce”.
Il rimpianto di non aver avuto figli
Uno dei crucci più grandi nella vita di Salemme è non aver avuto figli: “Con Valeria abbiamo perso una bimba prima della sua nascita. E sentivo come un tradimento fare figli con Albina, che ha già un ragazzo. Per me la piccola, che non ha mai avuto un nome, esiste. Ci ho scritto pure una commedia”.
Parlando del suo lavoro, l'attore ha sottolineato la sua passione per la regia: “La regia senza dubbio. Se avessi fatto solo l’attore avrei lasciato da tempo”.
Riguardo al suo primo film, L’amico del cuore, Salemme ha raccontato un aneddoto su Eva Herzigova: “La protagonista femminile era Eva Herzigova, fu Rita Rusic a suggerirla, bellissima e altissima. Tanto alta che per molte scene usammo tavole da ponte per alzarci”.
Il legame con Eduardo De Filippo
Salemme è regista e protagonista di Natale in casa Cupiello: “È un capolavoro, è stato semplicissimo e per me questo è un cerchio che si chiude. Ci sto dentro che è una meraviglia, le parole di Eduardo sono stanze nelle quali c’è l’Italia che nasceva e la vita. Eduardo commediografo è di tutti, affronta temi universali, fra cui il tempo. Lo fa raccontando il caffè e la sua liturgia lenta: gestire il tempo è civiltà. Noi lo stritoliamo, sembra che viviamo un quarto di mio nonno che morì a 50 anni”.
Riguardo al suo primo incontro con Eduardo, ha ricordato: “Mi portò da lui Sergio Solli, nel 1977, a Cinecittà. Ricordo ancora l’odore — sono fissato con gli odori — che sentii entrando in quel mondo che vedevo in tv. Eduardo uscì vestito come nel primo atto di Natale in casa Cupiello, camminava piano perché aveva un problema alle gambe, non si sentiva la terra sotto i piedi. Mi tese la mano e disse ‘Stringete piano’. Odorava di borotalco. Mi proposi come comparsa, lui mi diede una battuta e mi scritturò come attore. Poi seppi che non è che aveva visto in me il sacro fuoco, ma gli ero apparso così magro ed emaciato che aveva pensato che non mangiassi e voleva garantirmi una paga più alta”.
L'aneddoto dei dischi di Eduardo
Un altro ricordo legato a Eduardo riguarda i dischi nel suo camerino: “Eduardo aveva centinaia di dischi in camerino e chiese a Giro Maringola di schedarli. Un lavoraccio per il quale Gino chiese di potermi utilizzare. Un giorno mi sentii una mano sulla spalla: Eduardo osservava la lista che stilavo e disse ‘Come scrive bello… questo deve scrivere’. Si riferiva alla grafia? Per me che già scrivevo testi fu un viatico, una benedizione”.
Un artista tra orgoglio e malinconia
Vincenzo Salemme si racconta senza filtri, condividendo i successi della sua carriera, i rimpianti personali e il suo profondo legame con Eduardo De Filippo. Tra ironia e riflessione, Salemme continua a rappresentare una delle figure più autentiche e amate del panorama teatrale e cinematografico italiano.