melania rea

RIPE DI CIVITELLA – A quattordici anni dall'omicidio di Melania Rea, il dolore della famiglia non si è mai attenuato. Era il 18 aprile 2011 quando il corpo della 29enne fu ritrovato senza vita nel bosco di Colle San Marco, nel Teramano, colpito da numerose coltellate. Per quel delitto è stato condannato in via definitiva il marito, Salvatore Parolisi, a 20 anni di carcere. Tra due anni, Parolisi potrebbe ottenere la libertà.

La rabbia del padre

"Provo una rabbia che mi fa impazzire. Quell'essere immondo potrà rifarsi una vita. Mia figlia invece non tornerà più", ha dichiarato Gennaro Rea in un’intervista al Corriere della Sera. "Chi uccide in quel modo, davanti alla propria figlia, non dovrebbe uscire più dal carcere. Invece oggi, come allora, si continua a morire e la giustizia resta cieca."

La mancanza dell'aggravante

Nonostante la brutalità dell'omicidio, a Parolisi non è stata riconosciuta l'aggravante della crudeltà. "Cosa avrebbe dovuto subire ancora mia figlia per definirlo crudele?", si chiede amaramente il padre.

Il pensiero alla nipote

Un pensiero doloroso va anche alla figlia di Melania e Salvatore Parolisi, oggi adolescente: "È una ragazza giudiziosa, molto simile a sua madre. La guardo e rivedo Melania. Lui per lei è un estraneo: non ha mai chiesto notizie, non ha mai scritto una parola di scuse."

"Non faremo sconti"

Il risentimento è forte anche verso il futuro del condannato: "Quando uscirà, i nostri legali lo controlleranno. Dovrà lavorare, dovrà pagare. La vita che ha spezzato non può essere dimenticata", conclude Gennaro Rea, ricordando che la sentenza prevede un risarcimento di due milioni di euro destinati alla famiglia e alla nipote.

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