Rivolta vele Scampia
Rivolta vele Scampia

A Scampia, quartiere di Napoli conosciuto per le sue storiche “Vele,” è iniziata una nuova fase di tensione sociale. Gli abitanti della Vela Rossa e della Vela Gialla stanno affrontando un ultimatum da parte delle autorità: abbandonare le abitazioni per ragioni di sicurezza strutturale. 

Questa misura segue l’ordinanza comunale per lo sgombero e la successiva muratura degli appartamenti, già colpiti dal degrado e, come avvenuto alla Vela Celeste, ritenuti pericolosi. 

Tuttavia, gli abitanti denunciano la mancanza di alternative abitative e il ritardo nei contributi per l’affitto promessi dal Comune, trovandosi così in una situazione di disagio senza vie d’uscita.

Protesta pacifica ma determinata: «Non ce ne andiamo senza una casa»

La tensione è esplosa all’alba, quando gli agenti della polizia municipale hanno consegnato le diffide per lo sgombero ai residenti delle Vele ancora abitate. Nonostante il clima di esasperazione, la protesta dei cittadini si è mantenuta pacifica. I residenti non hanno reagito con violenza ma hanno cercato di far comprendere alle autorità la loro situazione. «Non possiamo andarcene senza un nuovo alloggio - afferma Lina, residente della Vela Rossa da molti anni - Abbiamo cercato casa tramite agenzie e privati, ma nessuno è disposto a darci una possibilità. Se sanno che siamo di Scampia, le richieste di affitto vengono subito negate o ci chiedono garanzie che non possiamo fornire».

Bruno, un altro abitante del complesso, conferma: «Il pregiudizio su chi vive nelle Vele è forte. Non ci vedono come persone normali ma come possibili criminali. Chi ha difficoltà economiche e familiari è penalizzato doppiamente: per una casa a Mugnano mi hanno chiesto più di 4.000 euro di cauzione e costi d’agenzia. Se avessi quella cifra, forse non vivrei qui».

Il ritardo del sussidio di affitto e le difficoltà per i più vulnerabili

Il Comune di Napoli aveva previsto un contributo economico destinato agli sfrattati delle Vele, un sussidio che avrebbe dovuto facilitare la ricerca di un nuovo alloggio. Tuttavia, questo contributo - che dovrebbe andare dai 400 ai 1.000 euro mensili - non è ancora stato erogato a tutti i destinatari. «Ci hanno diviso in tre blocchi - spiega ancora Lina - pare che il primo blocco abbia rallentato le pratiche: alcuni lo hanno ricevuto ma sono rimasti nelle case. Io non ho nemmeno presentato richiesta perché, senza un alloggio, non saprei come usare quei soldi». La situazione, infatti, ha creato tensione anche tra i residenti: «Forse qualcuno sta approfittando della situazione - sospetta Bruno - oppure, semplicemente, il sussidio non è sufficiente per trovare una nuova casa».

Storie di vita tra incertezze e precarietà: «Non posso lasciare mia figlia cardiopatica senza un tetto»

Tra le storie dei residenti spicca quella di Maria, madre di quattro figli, di cui una bambina di 11 anni affetta da gravi problemi di salute. «Mia figlia Jessica è cardiopatica - racconta - ha subito un intervento al cuore e uno al polmone. Ho ricevuto una proroga per restare fino al 28, poi hanno detto che murano anche la mia casa. Non so dove andare. Nessuno è disposto ad affittare a una famiglia numerosa e senza garanzie economiche. Se avessi i mezzi per trasferirmi lo farei subito, ma ora come ora non posso». La storia di Maria rappresenta la condizione di molte altre famiglie delle Vele, bloccate in un limbo di precarietà e angoscia per il futuro.

Incontro in Prefettura e attesa per misure concrete

Nella giornata del 24 ottobre si è tenuto un incontro in Prefettura con l’obiettivo di trovare soluzioni per le famiglie ancora bloccate nelle Vele. Anche il procuratore capo Nicola Gratteri è intervenuto, ma al momento non ci sono risposte definitive. La situazione resta complessa, e i residenti attendono un intervento concreto che possa assicurare loro un futuro dignitoso.

La vicenda delle Vele di Scampia mette in luce non solo una crisi abitativa, ma anche una questione sociale più ampia, legata al pregiudizio e alla marginalizzazione. Queste famiglie, già colpite da un forte stigma, sperano che venga trovata presto una soluzione concreta e che l’applicazione delle ordinanze non le lasci in balia di una nuova condizione di disagio e abbandono.

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