Legge di Bilancio 2024-2025: tasse più alte sulle auto aziendali a benzina e diesel, incentivi per elettriche e plug-in
La riforma sui fringe benefit prevista dal 2025 si applicherà retroattivamente anche ai veicoli ordinati nel 2024
La Legge di Bilancio è stata approvata alla Camera il 20 dicembre e si appresta ad approdare il 23 dicembre in Senato, dove non dovrebbe subire modifiche. Tra le misure più discusse emerge la novità riguardante le auto aziendali: dal 2025, infatti, verranno introdotte tasse più alte per i veicoli a benzina e diesel, mentre per i modelli elettrici e ibridi (plug-in) è previsto un alleggerimento della pressione fiscale. Secondo le stime riportate dai quotidiani nazionali, il fringe benefit, calcolato sulla base imponibile Irpef, aumenterà sensibilmente per i mezzi a motore termico, generando però un risparmio consistente per le vetture a zero o basse emissioni. L’associazione di categoria Aniasa, interna a Confindustria, si è già detta contraria a questa misura.
L’approvazione della manovra e il quadro generale
La manovra di fine anno contiene numerosi interventi di carattere fiscale, tra cui la stretta sulle auto aziendali a benzina e diesel. Nella pratica, l’aliquota di calcolo del fringe benefit per i veicoli con emissioni comprese tra i 61 e i 160 g/km passerà dal 30% al 50%. Parallelamente, si ridurranno al 10% le tasse per le auto elettriche e al 20% per le plug-in. Questo cambio di rotta si presenta come una vera e propria strategia d’incentivo alla mobilità sostenibile, ma al contempo rischia di penalizzare chi, per ragioni professionali o pratiche, non può ancora fare affidamento sui veicoli a basse emissioni.
L’entrata in vigore e la retroattività
Un aspetto particolarmente rilevante del provvedimento è la sua natura retroattiva. Nonostante l’applicazione sia prevista dal 2025, il nuovo regime fiscale riguarderà anche i veicoli ordinati nel 2024. La scelta di assegnare un valore retroattivo alla misura potrebbe creare incertezza sia per le aziende sia per i lavoratori, costretti a rivedere eventuali decisioni di acquisto o di noleggio. Per molti utenti, la variabile del fringe benefit incide in modo significativo sulle scelte di mobilità, spingendo ora a valutare soluzioni ecologiche più convenienti dal punto di vista fiscale.
Cosa cambia per il fringe benefit
Il fringe benefit indica la quota di reddito che deriva dall’uso promiscuo dell’auto aziendale (ossia per fini sia di lavoro che personali). Nel caso specifico dei veicoli inquinanti, l’imponibile Irpef passerà da un coefficiente del 30% a uno del 50%. Questo significa un ulteriore aggravio fiscale per chi guida auto a benzina o diesel con emissioni tra i 61 e i 160 g/km. Allo stesso tempo, come sottolinea “Repubblica”, la tassazione per i veicoli elettrici scenderà al 10%, mentre per le plug-in ibride si attesterà al 20%.
Le stime sul costo per i lavoratori
Secondo un conteggio effettuato dal “Sole 24 Ore”, l’aumento del fringe benefit per un dipendente che utilizza un’auto diesel o benzina potrebbe arrivare a sfiorare i 1.600 euro annui. Al contrario, per una vettura elettrica, la riduzione fiscale potrebbe superare i mille euro, tanto che in alcuni casi rientrerebbe nella soglia di esenzione. Tale divario economico diventa un incentivo concreto per preferire mezzi a basse o zero emissioni, pur restando da valutare l’effettiva convenienza alla luce dei costi di acquisto e delle infrastrutture di ricarica disponibili.
Il principio di redistribuzione fiscale sulle emissioni
La ratio dietro questa misura, come spiegato dallo stesso esecutivo, è spingere le aziende a prediligere veicoli meno inquinanti. “La novità è una ridistribuzione dei pesi di questo calcolo per andare a gravare maggiormente sulle auto a motore termico, privilegiando invece le ibride e ancor più le elettriche”, si legge su uno dei principali quotidiani nazionali. L’obiettivo di lungo termine è allinearsi con le direttive europee in materia di decarbonizzazione dei trasporti, velocizzando la transizione verso tecnologie più pulite.
I dubbi sollevati da Aniasa
Non mancano tuttavia le critiche: Aniasa, associazione che rappresenta le imprese del settore di noleggio e mobilità all’interno di Confindustria, ha espresso la propria contrarietà a questo provvedimento. Da un lato, ritiene che la misura possa penalizzare le aziende e i lavoratori che, per motivi geografici o logistici, non possono usufruire di infrastrutture adeguate per i veicoli elettrici. Dall’altro, teme che la retroattività possa creare confusione e incertezza sul mercato, rallentando il rinnovo delle flotte aziendali.
Le possibili conseguenze sul mercato dell’auto
Il nuovo regime fiscale, di fatto, potrebbe ridisegnare l’offerta e la domanda di auto aziendali in Italia. Molte aziende, per evitare il rincaro delle tasse, potrebbero orientarsi verso vetture ibride o elettriche, alimentando la domanda di questi mezzi in un mercato che già mostra segni di profonda trasformazione. Parallelamente, le case automobilistiche e le società di leasing dovranno adeguarsi, proponendo pacchetti che rendano competitive le soluzioni elettrificate, soprattutto considerando l’investimento iniziale spesso elevato.
Verso l’approvazione definitiva
Con l’approdo in Senato previsto per il 23 dicembre, le modifiche alla Legge di Bilancio sembrano ormai improbabili. Se il testo sarà confermato senza variazioni, dal 2025 i lavoratori con un’auto aziendale dovranno fare i conti con un nuovo regime di tassazione sui fringe benefit, più severo per chi sceglie motorizzazioni tradizionali e più favorevole per i sostenitori della mobilità ecologica. Nel complesso, questa riforma mira a ridurre le emissioni e a incentivare l’elettrico, ma resta da capire se avrà un impatto positivo sul parco auto nazionale o se, invece, solleverà ulteriori controversie nel comparto automotive.