I giorni e le settimane scorrono rapide.
Le scadenze si avvicinano. La coltre di ghiaccio fatta calare dal governo sugli impegni finanziari di imprese e famiglie, sta per sciogliersi. Le incognite non mancano e tra Tesoro e Palazzo Chigi ci si sta iniziando a domandare come rendere morbido l’atterraggio dovuto alla fine delle moratorie concesse nei mesi del lockdown. Prendiamo una delle misure meno decantate, ma che meglio ha funzionato durante la chiusura coatta delle attività produttive dovuta al coronavirus: la moratoria sui prestiti alle imprese.
Una norma inserita nel primo decreto di emergenza, il Cura-Italia,
Ha permesso alle micro-imprese, alle partite Iva, alle piccole e medie imprese, ossia al 90% del tessuto economico nazionale, di congelare i propri fidi, i mutui, e tutti i prestiti, compresi gli scoperti di conto corrente, fino al prossimo 30 settembre. Vuol dire che, fino a quella data, nessuna banca può revocare i crediti appellandosi magari, al deterioramento delle condizione dell’impresa. E tutto questo solo mandando una mail certificata di richiesta alla banca.
Le domande di moratoria
Hanno superato ogni previsione del governo. Secondo i dati della Banca d’Italia al 22 maggio sono arrivate alle banche oltre 2,4 milioni di domande o comunicazioni di moratoria sui prestiti, per poco più di 260 miliardi di euro. Sempre secondo Bankitalia, circa l’85% delle domande è già stato accolto dalle banche, il 2% è stato sinora rigettato, mentre la parte restante è in corso di esame.
Niente a che vedere, insomma, sull’andamento a rilento della concessione dei prestiti garantiti dallo Stato (solo uno su quattro è stato accolto). La domanda, insomma, è cosa accadrà a settembre, quando la misura terminerà. Fonti qualificati del governo fanno sapere che «la questione è sul tavolo» e sarà affrontata probabilmente nel decreto rilancio dove sono previsti diversi emendamenti da tutte le parti politiche per estendere la moratoria.
Ma non è l’unica scadenza prevista subito dopo l’estate.
Il 31 agosto il Fisco tornerà a bussare alla porta dei contribuenti “riattivando” 6,7 milioni di cartelle esattoriali sospese (e senza interessi) durante i mesi del lockdown. Se da un lato è vero che, nonostante la moratoria, sei contribuenti su dieci hanno continuato ad onorare i loro impegni con l’Agenzia delle Entrate, è altrettanto vero che molto probabilmente chi non è stato in grado di farlo fino ad oggi non lo sarà neanche a settembre. Mese in cui, tra l’altro, le imprese dovranno versare, oltre alle cartelle, tutte le tasse sospese durante il lockdown. Insomma, dopo l’estate, finanziariamente parlando, per il sistema produttivo potrebbe concentrarsi una mole di scadenze in grado di scatenare una sorta di tempesta perfetta.
Per il governo
Trovare una exit strategy in grado di attutire l’impatto e garantire un atterraggio morbido post crisi, potrebbe non essere semplice. Per la proroga della moratoria sui prestiti delle imprese lo sforzo finanziario del Tesoro potrebbe non essere pesantissimo (la prima sospensione è costata uno stanziamento di 1,7 miliardi come garanzie fornite alle banche). Sulla questione delle tasse il discorso è più complesso. In questo caso il timore principale riguarda la tenuta dei conti pubblici. Rimandare il pagamento di tasse e cartelle fa venire meno incassi allo Stato, che dovrebbe coprire il buco nei conti facendo debito aggiuntivo sul mercato.
Le misure
Un assaggio del costo che queste misure hanno per le casse pubbliche è arrivato dall’ultimo dato del fabbisogno. A maggio il deficit di cassa dello Stato ha superato i 25,5 miliardi di euro, contro i 900 milioni dell’anno prima. Nei primi cinque mesi dell’anno il fabbisogno è schizzato a 74,4 miliardi. Rimandare oltre le tasse, insomma, potrebbe avere un costo difficilmente sostenibile e che rende molto prudente il Tesoro su nuovi rinvii. Ma è altrettanto vero che alla ripartenza di settembre, il sistema delle imprese potrebbe trovarsi oberato di scadenze alle quali si sommerebbero anche i nuovi debiti contratti seppure con la garanzia dello Stato. Un rebus che sarà difficile sciogliere.(IlMattino)
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