Matteo Messina Denaro, le 15 false identità e l'oculista indagato
Il medico: «Non sapevo che fosse lui». Cosa è emerso dalle indagini
Il nome di Matteo Messina Denaro, nonostante la sua morte avvenuta il 25 settembre 2023, continua a essere al centro di indagini che stanno facendo emergere nuovi dettagli sulla sua rete di protezione. Recentemente, la Procura di Palermo ha avviato perquisizioni e acquisizioni di documenti presso due importanti ospedali del capoluogo siciliano, Villa Sofia e l’Ospedale Civico, nell’ambito delle indagini sui suoi fiancheggiatori.
Le operazioni investigative puntano a ricostruire il sistema di coperture e identità false che hanno permesso al boss di rimanere latitante per oltre 30 anni prima del suo arresto avvenuto il 16 gennaio 2023 a Palermo.
L’oculista indagato: il ruolo di Antonino Pioppo
Un nome emerso al centro delle indagini è quello di Antonino Pioppo, 69 anni, direttore della clinica oculistica dell’Ospedale Civico di Palermo. Il medico è indagato per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza di pena, in quanto sospettato di aver curato Matteo Messina Denaro durante la sua latitanza.
Nel covo del boss a Campobello di Mazara, infatti, furono ritrovate due ricette mediche firmate proprio da Pioppo, che avrebbe visitato e prescritto terapie all’allora latitante. Secondo la Dda di Palermo, l’oculista potrebbe essere stato consapevole della vera identità del suo paziente, ma il medico nega con fermezza ogni accusa:
«Non sapevo che fosse Matteo Messina Denaro», ha dichiarato Pioppo agli inquirenti, ribadendo la sua estraneità ai fatti.
Il professionista, che ha lavorato anche presso Villa Sofia, è stato interrogato più volte prima di essere iscritto nel registro degli indagati.
Le 15 false identità di Matteo Messina Denaro
Un altro aspetto inquietante emerso dalle indagini riguarda le 15 false identità utilizzate da Messina Denaro per sfuggire alla cattura e accedere a cure mediche. Tra i nomi falsi scoperti figurano quelli di Andrea Bonafede, Giuseppe Giglio, Vito Accardo, Gaspare Bono, e molti altri.
Le autorità hanno richiesto agli ospedali coinvolti la documentazione sanitaria intestata a queste identità, ritenendo che possano essere state utilizzate dal boss per sottoporsi a trattamenti medici senza destare sospetti.
Una rete di complicità ancora da svelare
L’indagine sui fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro mette in luce la complessa rete di complicità che ha permesso al boss di muoversi indisturbato per decenni. La Procura di Palermo continua a scavare nelle relazioni che legavano il capomafia a figure apparentemente insospettabili, come medici e altri professionisti, per ricostruire i dettagli della sua lunga latitanza.
La scoperta di queste false identità dimostra quanto fosse articolato il sistema messo in piedi dal boss per proteggersi e sfuggire alla giustizia, sfruttando anche strutture sanitarie di alto livello.
Nonostante la morte di Matteo Messina Denaro, le indagini continuano a svelare particolari inquietanti sulla sua vita in latitanza e sui complici che hanno contribuito a proteggerlo. La vicenda dell’oculista indagato e delle 15 identità false apre nuovi scenari che potrebbero portare alla luce ulteriori complicità e responsabilità.