Omicidio Patrizia Russo: Giovanni Salamone tenta il suicidio in carcere
Ha approfittato dell'assenza del compagno di cella per la doccia
La tragica vicenda di Patrizia Russo, la 53enne uccisa dal marito Giovanni Salamone, si arricchisce di un ulteriore dramma.
Il 61enne, attualmente detenuto nella casa circondariale Cantiello e Gaeta di Alessandria dal 16 ottobre, ha tentato il suicidio il 19 ottobre, approfittando dell'assenza del suo compagno di cella. Un evento che ha scosso non solo il personale penitenziario, ma anche l’opinione pubblica e i familiari delle vittime.
La ricostruzione del tentativo di suicidio
Secondo quanto riportato dall'Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), Salamone ha utilizzato un cappio rudimentale ricavato da lenzuola per tentare di togliersi la vita. La situazione è stata prontamente gestita dagli agenti della polizia penitenziaria, i quali sono riusciti a intervenire in tempo per impedirne il tragico epilogo. Leo Beneduci, segretario generale del sindacato, ha elogiato l’operato degli agenti, sottolineando come, nonostante la carenza di risorse e personale, il corpo penitenziario continui a svolgere il proprio dovere con professionalità.
La situazione di Giovanni Salamone
Giovanni Salamone è accusato di aver ucciso la moglie Patrizia nella loro casa a Solero, in provincia di Alessandria. Stando a quanto emerso dalle indagini, il gesto estremo potrebbe essere stato influenzato da una crisi legata a difficoltà economiche, tra cui cartelle esattoriali e altre pressioni personali. La situazione di forte disagio psicologico di Salamone era già stata riconosciuta, e il giudice aveva ordinato un attento monitoraggio delle sue condizioni in carcere.
La reazione dell'avvocata
Elisabetta Angeleri, l'avvocata che difende Salamone, ha espresso la sua indignazione per la mancanza di comunicazione da parte delle autorità carcerarie. Ha dichiarato: «È assurdo, la prima persona a dover essere informata avrei dovuto essere io o il mio collega, per poi avvertire la famiglia. Invece, ho appreso la notizia dai media». Angeleri ha evidenziato come il giudice avesse già richiesto che Salamone fosse tenuto sotto controllo, evidenziando la gravità della sua situazione.
L'avvocata ha poi lamentato l'impossibilità di ottenere informazioni certe, aggiungendo che un agente di polizia penitenziaria le aveva detto di non poter fornire dettagli, poiché il direttore del carcere non era disponibile. Inoltre, non è stata confermata la situazione di Salamone né il suo eventuale ricovero in psichiatria. «Il suo cliente sta bene, venga domani per il colloquio. Nessuna informazione in più», ha riportato la legale, evidenziando la difficoltà di comunicazione e la mancanza di chiarezza sulle condizioni di Salamone.
Una tragica spirale di violenza e sofferenza
La vicenda di Patrizia Russo e Giovanni Salamone mette in luce le complesse dinamiche di violenza domestica, disagio psicologico e la gestione delle situazioni critiche all'interno delle carceri italiane. Mentre il paese si interroga su come prevenire tali tragedie, il caso di Salamone solleva interrogativi sul supporto psicologico e la sorveglianza di detenuti in condizioni di vulnerabilità.
In un contesto già difficile, è fondamentale che le istituzioni rispondano in modo adeguato per garantire la sicurezza non solo dei detenuti, ma anche del personale penitenziario e delle famiglie coinvolte in queste drammatiche situazioni.