"Pensieri, parole, sentimenti", la musicalità del napoletano incontra le emozioni dell'animo: l'ultima opera di Giuseppe Saldamarco
"Pensieri, parole, sentimenti". E' questo il titolo dell'ultima pubblicazione di Giuseppe Saldamarco, scrittore e, in passato, assistente archeologo presso la Soprintendenza per i Beni archeologici di Napoli e Caserta. Momenti di vita, stati d'animo, riflessioni profonde, tutte peculiarità del popolo napoletano e dell'autore stesso che coglie nella sua opera momenti culminanti dell'emotività umana.
L'intervista a Giuseppe Saldamarco
“Come leggere la busta paga”, “Napoli nel VII secolo - I vicerè spagnoli - Tommaso Aniello” e adesso un libro di poesie. Perchè questa scelta per la sua ultima pubblicazione?
I tre libri che ho pubblicato fanno parte di tre periodi diversi della mia vita. Sono stato sindacalista, periodo durante il quale ho scritto il mio primo libro, e amministratore di condomini anche molto grandi e di complessi industriali. Dopo la pensione, nel periodo della pandemia, ho scritto il saggio di storia. Non avendo più nessuna attività ho scritto due romanzi che, al momento, non ho pubblicato ancora.
Il primo inquadra il quartiere Resina di Ercolano tra gli anni '50 e '60. Parla di come, non solo, era fatta la città, ma qual era la vita, le attività, i costumi, e in questo contesto quali erano le possibilità che i ragazzi avevano di formarsi, anche a livello personale. Una storia di crescita raccontata dall’adolescenza alla gioventù, il tutto ambientato in un’atmosfera particolare che non stanca mai.
Il secondo romanzo in cantiere è una biografia, la storia della mia vita: ho iniziato con la medicina, sono poi finito in archeologia. Raccontare tutto il mio percorso è lungo e quindi ho deciso di scriverne.
Come mai la scelta linguistica del napoletano per la gran parte delle sue poesie?
Leggendo le poesie, ci si accorge che l’assonanza e la musicalità delle parole scritte in napoletano non raggiungeranno mai lo stesso effetto con l’italiano. Mentre il concetto più sottile e filosofico lo si raggiunge con l'italiano. Col napoletano deve esservi per forza una musicalità altrimenti non è poesia. Faccio un esempio: in una poesia ambientata in un momento in cui c’è il passaggio tra la notte e il giorno. Quel passaggio non detta solo il cambiamento della luce ma anche l’inizio della vita. Il messaggio importante è che chi si sveglia e scende nel vicolo sta lì ad aspettare il momento in cui si troverà l’occasione per guadagnarsi la giornata. Questo è un concetto pregno della filosofia napoletana.
C’è un filo conduttore che unisce tutte le poesie?
Le poesie sono tutte dettate da momenti e stati d’animo differenti che sono venuti quando sono capitati. C’è tutta la mia filosofia di vita, non manca nulla. Io sono epicureo al mille per mille, il libro è epicureo, e il popolo napoletano è tutto epicureo e lo sarà per sempre, non cambierà mai.
Qual è la poesia che ricorda con più piacere?
Non ci sono poesie particolari che ricordo con più piacere, ci sono invece momenti particolari in cui sono state scritte. Difficilmente sono tornato più di una volta su una poesia. Come nascevano così sono rimaste. In alcuni casi c’è anche qualche errore: non sapevo scrivere bene in napoletano. Se dovessi riscrivere tutto lo migliorerei ancora.
C’è qualcuno a cui si è ispirato per le poesie?
All’inizio chi mi piaceva particolarmente era Salvatore Di Giacomo, da giovane ne ero appassionato. Il ritmo e la musicalità delle parole delle mie poesie a tratti ricordano proprio quello del poeta che ho tanto amato in gioventù.
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