Una donna di 44 anni è morta per le conseguenze di una puntura di un insetto. E il fratello si scaglia contro l'ospedale dove la donna era in cura: «L'hanno lasciata morire». «Andrò sino in fondo a questa storia. Non mi fermerò sino a quando non sarà fatta giustizia, perché mia sorella è stata uccisa dalla negligenza di medici e infermieri». Non si rassegna Pietro, il fratello di Elisabetta Semprecondio, la donna di 44 anni morta all'ospedale Villa Sofia di Palermo, dove era stata ricoverata dopo una puntura di insetto. «L'hanno lasciata morire - dice con la voce rotta dalla rabbia -. Se l'avessero curata per l'infezione al piede, oggi sarebbe ancora qui». I figli della 44enne, assistiti dall'avvocato Giulio Bonanno, hanno presentato una denuncia ai carabinieri e la Procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo attualmente a carico di ignoti. I militari hanno già sequestrato le cartelle cliniche e nel pomeriggio sul corpo della giovane donna è stata eseguita l'autopsia. Secondo il racconto dei familiari, Elisabetta sarebbe stata punta da un insetto al piede lo scorso 28 maggio mentre si trovava sul terrazzino di casa. Un incidente a cui non avrebbe dato particolare peso. «Quel giorno è andata in ospedale - ricorda il fratello Pietro - e, dopo averla visitata, i medici l'hanno dimessa dandole una pomata». Nei giorni successivi, però, le condizioni della 44enne peggiorano: il piede era sempre più gonfio e dolorante. Così accompagnata dal figlio torna in ospedale. Ha la febbre e per scongiurare che fosse affetta da Coronavirus i medici la sottopongono al tampone, che risulta negativo. «Viene ricoverata in Medicina generale e là inizia il calvario - dice il fratello -. Non ci hanno permesso di vederla. Continuavano a dirci che non era permesso per via delle misure anti contagio. Dopo tre giorni trascorsi con gli stessi vestiti, senza potersi cambiare e lavare, un'altra delle mie sorelle è riuscita a entrare per pulirla, ma è stata cacciata in malo modo». Le comunicazioni avvengono tramite cellulare. Chiamate e messaggi vocali su Whatsapp. «L'hanno sottoposta a cinque tamponi per il Covid-19, risultati tutti negativi. Piangeva al telefono, era sempre più stanca, il piede e il polpaccio sempre più gonfi e neri. Negli ultimi giorni non riusciva neppure a stare sulle gambe. Poi l'ultima chiamata, in cui balbettava». Nei giorni di ricovero in ospedale, sempre secondo il racconto dei familiari, le condizioni della giovane donna peggiorano rapidamente. «Aveva perdite di sangue e il 9 giugno in un messaggio inviato alle 12.48 ci dice che ha un fortissimo mal di testa e che l'infermiere le aveva detto che le avrebbe dato una tachipirina. Quel pomeriggio mia sorella viene operata per un'embolia al cervello e dopo ricoverata in Rianimazione». Lo scorso 17 giugno il tragico epilogo. «Elisabetta stava benissimo, era sana come un pesce - dice adesso Pietro -. L'hanno lasciata morire senza prestarle le cure necessarie. Non si può morire per un'infezione al piede causata dalla puntura di un insetto». La giovane 44enne lascia tre figli: un 25enne, un 20enne e un bimbo di 9 anni. «Mio nipote continua a chiedere: 'Dove è la mamma?'. Aspetta un suo messaggio. Non si può morire così, ammazzati dalla negligenza. La nostra sanità è a pezzi, ma io non mi fermerò sino a quando non avrò giustizia per mia sorella». Fonte: Leggo Leggi anche Coronavirus, nuovo caso positivo in Campania: "Era in una casa di riposo"

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