Fragili già prima del Coronavirus ed ora ‘bersagli’ ancora più a rischio di sviluppare forme gravi di coronavirus rispetto alla popolazione sana, fino alla morte. Sono gli 11 milioni di persone affette da malattie onco-ematologiche e cardiovascolari, un cittadino su 6. Per questo ora che sta per iniziare la fase della pandemia gli specialisti, che ogni giorno curano queste persone, chiedono alle istituzioni di far parte della cabina di regia che sta definendo le strategie della ripresa in modo da prendere in considerazione le specifiche esigenze dei pazienti colpiti da neoplasie e cardiopatie per definire percorsi specifici.
Programmi di sorveglianza specifici per i pazienti oncologici
In Italia, vivono 3 milioni e 460mila persone dopo la diagnosi di tumore e un milione e 190mila pazienti sono in trattamento attivo. Ogni giorno si stimano circa 1.000 nuovi casi. “La pandemia causata dal Covid-19 - spiega
Francesco Cognetti, presidente Fondazione Insieme contro il Cancro e direttore Oncologia Medica Regina Elena di Roma - ci ha obbligato a sospendere alcune attività assistenziali tra le meno urgenti. A breve, si aprirà la fase 2 della pandemia ed è necessario ridisegnare l’intera oncologia”.
Il paziente colpito da cancro è, per definizione, fragile e ormai diversi studi confermano un rischio significativamente aumentato di contrarre l’infezione da coronavirus e, in particolare, di sviluppare complicanze spesso letali. Infatti, il 17% delle persone che muoiono a seguito di complicanze del Covid-19 è costituito da pazienti oncologici. “Per questo - ribadisce Cognetti – è importante riavviare i programmi di sorveglianza e ridefinire i piani di trattamento attivo, che dovranno essere disegnati ‘ad hoc’ per ciascun paziente oncologico, bilanciando i potenziali rischi che derivano dalla tossicità dei trattamenti medici e chirurgici e dall’esposizione ambientale legata agli spostamenti e alla frequentazione degli ospedali. Servono linee di indirizzo, da condividere quanto prima con il Comitato tecnico scientifico della Protezione Civile”.
I pazienti oncologici non possono aspettare
Nella fase 2 è fondamentale continuare a garantire la cura ottimale dei tumori che, per gravità, non possono essere posti in secondo piano rispetto all’epidemia da coronavirus. “Finora, abbiamo adottato diversi strumenti”, dichiara
Saverio Cinieri, presidente eletto Associazione Italiana di Oncologia Medica e direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi.
Abbiamo attivato un triage dei pazienti prima dell’ingresso in ospedale per identificare quelli con febbre o sintomi respiratori, abbiamo applicato limitazioni delle visite ai degenti e della presenza di accompagnatori ai pazienti ambulatoriali, abbiamo rinviato alcune visite di controllo e riorganizzato con un supporto telematico altre attività. Nella fase 2, vogliamo mantenere il più possibile inalterato il percorso globale di diagnosi e cura di pazienti oncologici che non possono essere rinviate alla fine dell’epidemia, perché sarebbero compromesse le possibilità di sopravvivenza”.
Reparti ematologici ‘Covid-free’
Anche gli ematologi chiedono di essere coinvolti nella definizione delle linee di indirizzo per tutelare anche le persone con tumori del sangue di cui vengono diagnosticati ogni anno, in Italia, più di 33mila nuovi casi. Tra i più frequenti ci sono i linfomi, le leucemie e il mieloma multiplo. Si tratta di malati molto fragili, perché il loro sistema immunitario è in difficoltà, e alcuni sono anche sottoposti a trapianto di midollo. Le terapie spesso sono immunosoppressive e riducono le normali difese dell’organismo, anche se nel 70% dei casi portano a guarigione.
“I clinici - afferma
Paolo Corradini, presidente della Società Italiana di Ematologia e direttore Ematologia Istituto Nazionale Tumori di Milano - devono essere attenti nell’individuare l’eventuale infezione da coronavirus prima o durante la terapia, il paziente infatti può correre gravi rischi perché privo di difese immunitarie. Vi sono studi preliminari, che indicano una mortalità di circa il 30% nei pazienti ematologici in trattamento che contraggono il Covid-19. Infatti, l’interruzione della terapia a causa del virus determina una progressione del tumore molto più velocemente di quanto accada nelle neoplasie solide”. Nella prima fase dell’emergenza, nella maggior parte degli ospedali, i reparti ematologici sono stati ‘Covid free’. Nella fase 2, il coronavirus continuerà a circolare. Quindi vanno adottate tutte le precauzioni necessarie perché i reparti restino ‘Covid free’. Dall’inizio della pandemia, la paura del contagio ha allontanato dagli ospedali circa il 20% dei pazienti oncologici, che avrebbero dovuto essere sottoposti a trattamenti utili.
Coronavirus e malattie cardiovascolari
A destare preoccupazione sono anche i pazienti affetti da malattie cardiovascolari di cui soffrono 7,5 milioni di italiani: si è registrata una riduzione superiore al 50% dei ricoveri per infarto. E sono in calo di circa un terzo le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, anomalie del ritmo cardiaco e disfunzione di pacemaker e defibrillatori. “È molto delicata la condizione delle persone con patologie cardiovascolari, che raggiungono i 7,5 milioni nel nostro Paese – sottolinea
Ciro Indolfi, presidente Società Italiana Cardiologia e ordinario di Cardiologia all’Università Magna Grecia di Catanzaro. “Il 17% delle persone che muoiono a seguito di complicanze del Covid-19 è costituito da pazienti oncologici, il 70% è iperteso, il 27% soffre di cardiopatia ischemica, il 22% di fibrillazione atriale, il 16% di scompenso cardiaco e l’11% di ictus”.
Il ruolo dei recettori Ace-2
“Il Covid-19 non è una malattia solo respiratoria, ma interessa indirettamente o direttamente anche il cuore, perché i recettori Ace-2, la principale porta di ingresso utilizzata dal virus per invadere le cellule umane, sono presenti nei pneumociti, nei cardiomiociti e nelle cellule endoteliali vascolari – spiega
Francesco Romeo, presidente Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Onlus e direttore Cardiologia Policlinico Tor Vergata Roma. Quindi si possono avere miocarditi, in stabilizzazione di placca con infarto e coagulazione intravascolare con embolia polmonare e cerebrale. Con alcuni colleghi abbiamo inviato una lettera alla rivista The Lancet, segnalando numerosi casi di miocardite in pazienti Covid-19, che vanno indagati. Quindi, il non coinvolgimento dei cardiologi nella fase 1 è stato negligente”.
Mantenere il distanziamento sociale
Il virus non si è indebolito, perciò anche nella fase 2 dovranno essere rispettate con rigore le misure di distanziamento sociale. “Covid-19 - evidenzia
Stefano Vella, infettivologo e docente Global Health Università Cattolica di Roma - è una malattia poco prevedibile, in un certo senso ‘imprecisa’: nel 50% dei casi è asintomatica, nel 30% è caratterizzata da un decorso lieve moderato. Ma il 15-20% dei pazienti presenta una sindrome acuta respiratoria grave, talvolta con necessità di ricovero in terapia intensiva. In questi casi, il virus causa una reazione eccessiva del sistema immunitario, che intasa i polmoni. La ricerca va in due direzioni: da un lato il vaccino, dall’altro una terapia mirata ‘disegnata’ in modo specifico su questo agente patogeno”. Proprio perchè è importante continuare a mantenere le ‘distanze’, molti dei programmi già adottati nella fase di emergenza potranno permanere in via definitiva e costituire i futuri capisaldi della nuova assistenza oncologica in Italia. “Per esempio - conclude Cognetti - l’introduzione sempre più estesa di programmi di telemedicina nei pazienti non più in trattamento e in corso di follow up, anche in collaborazione con strutture territoriali di assistenza sanitaria, create ex novo, insieme con i medici di medicina generale. Potrà, inoltre, essere utilizzata in modo strutturale la consegna a domicilio delle terapie orali, seguendo anche questi pazienti in telemedicina”. Fonte: Repubblica
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