Covid
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Gli studi sul Covid-19 continuano a rivelare aspetti inediti della sua interazione con il corpo umano. Uno dei più recenti ha messo in luce una funzione finora sconosciuta degli spermatozoi nella risposta immunitaria contro il Sars-CoV-2, il virus responsabile del Covid-19. 

Tuttavia, nonostante la scoperta sia stata accolta con interesse dalla comunità scientifica, persistono preoccupazioni rilevanti legate agli effetti del virus sulla qualità dello sperma e, di conseguenza, sulla fertilità maschile. Vediamo nel dettaglio le nuove scoperte e le implicazioni che potrebbero avere.

Lo studio brasiliano: il ruolo degli spermatozoi nella risposta immunitaria

Un team di ricercatori brasiliani ha recentemente scoperto che gli spermatozoi possono svolgere un ruolo nella risposta immunitaria al Sars-CoV-2. Questa scoperta, pubblicata su riviste scientifiche specializzate, è stata condotta su 13 pazienti ricoverati all'Ospedale das Clínicas dell’Università di São Paulo. Secondo lo studio, gli spermatozoi rilasciano trappole extracellulari in risposta all'infezione virale, un meccanismo immunitario mai osservato prima in queste cellule riproduttive.

Il professor Jorge Hallak, uno dei principali autori della ricerca, ha dichiarato che questa scoperta potrebbe rappresentare un cambiamento di paradigma nella comprensione del sistema immunitario e del ruolo degli spermatozoi. "Potrebbe trattarsi di un meccanismo che esiste da sempre, ma che nessuno aveva mai osservato", ha affermato Hallak. Questo tipo di risposta immunitaria è generalmente parte del sistema immunitario innato e si attiva per contrastare l’attacco degli agenti patogeni.

La preoccupazione per la salute riproduttiva maschile

Nonostante l’entusiasmo per questa nuova scoperta, gli esperti esprimono preoccupazione per le implicazioni sulla salute riproduttiva maschile. Il Sars-CoV-2 è stato trovato nel liquido seminale di pazienti anche mesi dopo la guarigione dall’infezione. In particolare, in 11 dei 13 pazienti dello studio brasiliano, il virus era presente nello sperma oltre 90 giorni dopo la fine dei sintomi clinici. Questo aspetto solleva dubbi sulla qualità dello sperma e sui possibili effetti a lungo termine della malattia.

Il professor Hallak consiglia alle persone che desiderano avere figli di attendere almeno sei mesi dopo un'infezione da Covid-19 prima di tentare il concepimento, per dare al corpo il tempo di riprendersi completamente. Lo stesso consiglio vale per chi decide di donare il seme per trattamenti di riproduzione assistita. Una delle principali preoccupazioni è che, nei processi di riproduzione assistita, spesso si esegue solo un’analisi di base dello sperma, senza test sierologici approfonditi per individuare eventuali tracce del virus.

Gli effetti del Covid-19 sulla qualità dello sperma

Il Covid-19 può avere un impatto significativo sulla qualità degli spermatozoi, specialmente nei casi sintomatici. Sintomi come la febbre alta possono alterare la funzione cellulare, influenzando negativamente il processo riproduttivo. Lo studio brasiliano ha rilevato che l'infezione può causare un aumento della frammentazione del DNA, una riduzione dell'attività mitocondriale e una diminuzione della motilità e del numero di spermatozoi. Questi cambiamenti compromettono la fertilità maschile, anche mesi dopo l'infezione.

Non si tratta di un fenomeno completamente nuovo. Già nel 2023, durante il Congresso della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE) a Copenhagen, era emerso che gli uomini guariti dal Covid-19 presentavano una riduzione significativa nel numero e nella velocità degli spermatozoi, anche a distanza di tre mesi dall'infezione, indipendentemente dalla gravità della malattia.

Studio spagnolo: conferme sulla riduzione della fertilità post-Covid

Un ulteriore studio condotto in Spagna ha coinvolto 45 uomini con diagnosi di Covid-19 lieve. I campioni di sperma, raccolti prima e dopo l’infezione, hanno mostrato una riduzione del 57% nella conta spermatica e una diminuzione della motilità totale e del volume del seme, persino oltre i 100 giorni dopo la guarigione. Questo dimostra che gli effetti dell’infezione non sono limitati al periodo immediatamente successivo alla malattia, ma possono durare diversi mesi.

La febbre Oropouche e la trasmissione sessuale

Nel contesto delle infezioni trasmesse sessualmente, si è recentemente parlato anche della febbre Oropouche, un'infezione tropicale diffusa in Sud America. I ricercatori italiani dell'Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrarhanno isolato per la prima volta il virus nel liquido seminale di un paziente. Sebbene non ci siano ancora prove definitive che l'Oropouche possa essere trasmesso sessualmente, gli esperti sottolineano che questa scoperta indica la presenza del virus in diverse parti del corpo e la sua lunga permanenza nell'organismo.

Nuove sfide per la ricerca medica

Le scoperte legate al Sars-CoV-2 e alla sua interazione con i gameti maschili aprono nuove prospettive nella ricerca medica e pongono sfide significative per la gestione della salute riproduttiva. Se da un lato si assiste a un cambiamento di paradigma nel modo in cui si comprendono le risposte immunitarie, dall’altro aumentano le preoccupazioni per i potenziali effetti a lungo termine sulla fertilità maschile.

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