Eliminare l'Isee dai criteri che governeranno l'accesso al Reddito di emergenza (Rem) in arrivo con il decreto di maggio. Snellire la documentazione da produrre, dando ampio spazio all'autocertificazione, per arrivare presto all'erogazione del denaro e rimandare il controllo e la ricerca delle irregolarità a una seconda fase. Affidare all'Inps il calcolo automatico delle somme che possono andare, in forma di integrazione, a coloro che già ricevono il Reddito di cittadinanza (Rdc).
Sono le richieste che ForumDD e ASviS, le associazioni alle quali va la paternità dell'idea di questo strumento, avanzano al governo in vista della definizione del Rem. Il Reddito di emergenza è la tutela che - come ha spiegato la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, a Repubblica - andrà ad aiutare le persone escluse dagli altri supporti messi in pista dopo l'emergenza coronavirus: "Immaginiamo una platea di un milione di persone e una spesa tra 1,2 e 1,8 miliardi", ha detto Catalfo.
I paletti che attualmente pone il governo sull'erogazione del Rem sono contenuti nelle ultime bozze in circolazione. All'articolo 19 del testo ancora in lavorazione, infatti, si indicano i parametri reddituali e patrimoniali che escludono l'accesso alla misura, che va da 400 a 800 euro al mese per una durata di tre mesi. In primo luogo, il reddito familiare del richiedente (nel mese precedente la richiesta e in ogni mese che precede le successive erogazioni) deve esser inferiore al valore del Rem stesso. Il patrimonio mobiliare deve esser sotto i 10 mila euro, accresciuto di 5 mila euro per ogni ulteriore familiare entro il limite massimo di 20 mila euro. E in terzo luogo l'Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) deve esser sotto i 15 mila euro.
In aggiunta a questi requisiti, sono esclusi dal Rem coloro che già rientrino nelle coperture definite dal Cura Italia e in via di ampliamento. Per chi ricevesse il Reddito di cittadinanza, il Rem potrà andare a integrarlo. Quanto alle procedure per farne richiesta, restano in vigore quelle del Rdc: sarà l'Inps a preparare il modulo necessario.
Questa impostazione, secondo quanto si legge in un documento di ForumDD ed ASviS, contravviene due principi-cardine della misura che per sua natura è eccezionale e nasce in risposta a una crisi senza precedenti: essere fornito nel modo più veloce possibile e raggiungere il maggior numero possibile di persone in difficoltà, che non siano coperte da altre misure. Perché ciò avvenga, lo Stato deve ammettere un tasso di irregolarità maggiore del normale e non deve porre limiti alla spesa pubblica dedicata, almeno finché non sarà chiara la platea di riferimento. Un passaggio non da poco, visto che non sarà semplice individuare chi resterà fuori dalle altre misure del Cura Italia, dal bonus 600 euro agli ammortizzatori sociali.
Di contro, fanno notare i promotori del Rem sulla scorta di quel che avviene nell'esperienza internazionale, la misura sembra troppo sbilanciata sulle esigenze di evitare le irregolarità e contenere la spesa pubblica dedicata. "Ciò comporta l'accettazione del fatto che il Rem venga fornito più lentamente e che una parte della popolazione potenzialmente interessata ne rimanga esclusa".
Per spiegare questa posizione, le associazioni portano esempi concreti. Il ricorso all'Isee, per esempio, "di fatto non identifica la platea di chi ha bisogno ma complica la procedura". Oggi, infatti, il 72% degli Isee compilati in Italia è sotto i 15 mila euro. Porre tetto così alto non è una discriminante significativa: saranno piuttosto i limiti su reddito e patrimonio a selezionare l'utenza. Ma dover compilare un Isee - per altro in un momento in cui i Patronati lavorano 'a mezzo servizio' - rischia di essere una barriera d'ingresso insormontabile per chi è già ai margini del sistema del welfare.
Un discorso simile vale per la presentazione della documentazione reddituale e patrimoniale, che segue le normali procedure che si attuano in tempi di pace. Significa dover disporre di saldi e giacenze dei c/c, documenti catastali, mutui in essere, finanziamenti, documenti di possesso di auto, contratti d'affitto e via dicendo. Una raccolta di informazioni complicata terribilmente dalle circostanze che viviamo. Ecco perché, rileva il documento, sarebbe "decisamente preferibile ridurre le informazioni richieste e prevedere - almeno per alcune di esse - modalità di autocertificazione con verifiche successive".
Infine, si dovrebbe lavorare anche sul meccanismo che consente alle 950 mila famiglie beneficiarie del Rdc di chiedere anche il Rem, in forma di integrazione. Lasciare ai nuclei l'onere di verificare la possibilità di fare questa richiesta genererebbe solo "confusione, sospetto e mancato ottenimento di quanto spetterebbe loro". Visto che l'Inps già dispone di tutti i dati, basterebbe incrociarli per integrare in automatico l'assegno alla condizione più favorevole per il nucleo. Fonte: Repubblica
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