FERMO. Era caduto dalla barella mentre si trovava al Pronto soccorso ed era deceduto dopo più di 20 giorni di coma. A perdere la vita era stato Ernesto Severino, un 87enne di Porto Sant’Elpidio. A distanza di una settimana della tragedia, la Procura ha aperto un fascicolo per il reato di omicidio colposo a carico del personale del Pronto soccorso presente quel giorno.
Fermo, anziano muore dopo 20 giorni di coma
I figli dell’anziano, ricoverato il 3 agosto e caduto dalla barella, il giorno dopo avevano denunciato l’episodio, aggiungendo che l’ultraottantenne era entrato in coma il primo settembre. Il 21 settembre l’anziano aveva esalato l’’ultimo respiro all’ospedale Murri. Il magistrato ha disposto l’autopsia.
Una volta restituito il corpo alla famiglia, si sono svolti i funerali a Porto Sant’Elpidio. "Attendiamo con serenità gli esiti dell’esame autoptico – spiega Rino Severino, uno dei figli – assistiti dall’avvocato Michele Casali e dal nostro medico legale Vincenzo Rosini, confidiamo pienamente nell’operando della Procura".
La denuncia dei familiari
La famiglia Severino ha poi presentato un secondo esposto ai carabinieri di Fermo sul pericolo contagiosità nel reparto di Medicina 1. "Abbiamo scoperto che mio padre – continua – aveva contratto l’epatite C, non sappiamo quando, ed è stato ricoverato nel reparto di medicina per 18 giorni.
La domanda che ci poniamo è: sono stati a rischio infezione il personale medico e sanitario, i pazienti e gli utenti dell’ospedale? Dopo aver visionato la cartella clinica che l’ospedale ha dovuto riconsegnare alla famiglia, risulta dai documenti che, a seguito della visita dell’infettivologa, il 3 settembre mio padre fosse affetto da epatite C".
Va detto che l’epatite C è un virus che si trasmette esclusivamente attraverso il contatto diretto con sangue infettato. Le più comuni modalità di trasmissione sono lo scambio di siringhe. "Nel corso di tutto il periodo di ricovero, fino al decesso – sottoline- nessuno del personale medico-sanitario ha mai comunicato la malattia infettiva a noi figli.
Durante lo stato di coma, con l’infezione in corso, nostro padre non è stato mai spostato né in terapia intensiva né in un reparto idoneo. In pratica nel reparto di Medicina 1 in quei 18 giorni a rischio di infezione sono stati tutti, tanto il personale medico sanitario quanto i degenti ricoverati".
Ora la palla passa agli inquirenti, che saranno chiamati a dare risposte chiare sulla vicenda. Fonte: Il Resto del Carlino
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