Il conto ufficiale non c’è, ma sono ben più di 400 i decessi registrati finora nelle case di riposo del Piemonte flagellate dal coronavirus. “Non abbiamo avuto mai numeri dalla Regione di questo fenomeno e nell’incontro di un paio di giorni fa abbiamo portato noi la cifra di almeno 350 ospiti deceduti solo nelle Rsa del Piemonte in cui noi siamo presenti come organizzazione sindacale, che naturalmente sono solo una parte delle oltre 700 case di riposo del Piemonte”, spiega Elena Palumbo, rappresentante regionale della Fp-Cgil. Oltre che sottostimati, i dati dei decessi e dei contagi sono anche in continua evoluzione. La prospettiva di fare i tamponi a tutti in tempi brevi è difficile da realizzare, tuttavia la Regione Piemonte ieri ha annunciato che da oggi gli esami saranno potenziati nelle Rsa grazie a un macchinario regalato dalla ditta Diasorin al laboratorio delle Molinette. I tecnici si muoveranno su un mezzo di pronto intervento della protezione civile. Inoltre saranno distribuite altre 95 mila mascherine, dopo le prime tranche di 30 mila e 60 mila pezzi, destinate al comparto socio-assistenziale e socio-sanitario. Proprio le mascherine sono state tra le principali rivendicazioni dei lavoratori, costretti a entrare in stanze con malati di coronavirus o sospetti tali con protezioni non adeguate. E, contagiandosi loro stessi, sono stati a loro volta veicolo di infezione. Ma di chi è la responsabilità delle mascherine? Anzitutto delle case di riposo, che sono per la maggior parte private o al massimo partecipate dal pubblico, che hanno l’obbligo di provvedere alla sicurezza di chi lavora tra le proprie mura. Che tuttavia in alcuni casi si difendono con l’impossibilità di reperire protezioni sul mercato o che a volte vedono bloccati i propri ordini alla dogana. Ed è per questo che al centro delle indagini aperte da diverse varie procure piemontesi ci sono anche le procedure con cui i direttori degli ospizi hanno tutelato, o no, i propri lavoratori. Tra le prime procure ad essersi occupata dell'emergenza delle Rsa c’è quella di Ivrea, che ha aperto al momento otto fascicoli - senza indagati e senza ipotesi di reato, dopo segnalazioni per decessi sospetti e contagi tra i dipendenti - e ha chiesto relazioni all’Asl To4. Proprio nell’eporediese si sono verificati alcuni tra i primi casi di epidemia incontrollata dentro le case di riposo, come a Brusasco, con 14 decessi. Numeri che tuttavia sono stati raggiunti e anche ampiamente superati da altre drammatiche situazioni come quelle di San Mauro, Trofarello, Grugliasco, Lessona, Vercelli. Per quest’ultimo caso, dove si è raggiunto il numero tragico di 43 vittime, la procura di Vercelli indaga per epidemia colposa. Acquisizione di documenti, ascolto delle testimonianze: sono settimane che i carabinieri del Nas battono a tappeto le case di riposo della regione, su delega della magistratura o di iniziativa, per riscontrare eventuali violazioni e responsabilità penali. E l’attenzione non è solo sulle mascherine, ma anche sul personale decimato, tra malati, contagiati asintomatici e altri in quarantena. Ci sono stati casi in un cui un solo operatore è rimasto a badare a decine di ospiti, poiché non è stato sempre facile reperire in fretta infermieri e Oss per sostituire le assenze, anche dopo la deroga della Regione che permette di assumere anche personale con esperienza ma senza qualifiche. Una situazione a macchia di leopardo, quella che si registra in Piemonte, dove casi estremamente critici convivono con situazioni gestite in maniera corretta dove i contagi da coronavirus, quando non assenti, sono stati comunque contenuti e dove si è operato in tempo per isolare gli infetti. Fonte: Repubblica Leggi anche Coronavirus in Italia, alle 14 conferenza stampa di Conte. Seguici su Facebook 41esimoparallelo

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