Il governo Meloni è pronto a fare la guerra al reddito di cittadinanza. L'obiettivo dichiarato è sempre lo stesso: chi non è in grado di lavorare va aiutato, tutti gli altri, invece, dovranno rinunciare al sostegno al reddito. Cosa succederà a tutte quelle persone che in questo momento vivono dell'aiuto, però, non viene mai esplicitato. Non si parla di politiche attive del lavoro, ma solo di un taglio importante del cuneo fiscale – a tendere, tra l'altro, non tutto insieme – che dovrebbe invogliare gli imprenditori ad assumere.

I numeri sono impressionanti

Secondo i numeri dell'Anpal, il reddito di cittadinanza raggiunge 2,3 milioni di persone e 1,1 milioni di famiglie. Tra le persone coinvolte – guardando i dati di fine giugno, gli ultimi disponibili – sono 919mila quelle coinvolte nei servizi per il lavoro. Quelle che, almeno in teoria, sono abili al lavoro. Perciò il resto – quasi un milione e mezzo di persone – in ogni caso non potrebbe lavorare, tra bambini, anziani e disabili. Dai 919mila, poi, bisogna togliere oltre 66mila persone che sono state esonerate per tutta una serie di ragioni, mentre 19mila sono stati rinviati ai servizi sociali. E infine oltre 172mila persone già lavorano, ma con dei redditi talmente bassi da avere bisogno di un'integrazione – sempre lo stesso aiuto – che li portasse al di sopra della soglia minima considerata da chi ha scritto la misura. Al netto di questi casi, più o meno particolari rimangono 660mila persone che sono "abili al lavoro" e non occupati. Sono loro a dover temere di perdere il reddito di cittadinanza. Cosa li aspetti dopo, inoltre, non è chiaro: il 70% non va oltre la licenza media, il 73% non ha lavorato negli ultimi tre anni, il 75% vive al Sud o nelle Isole. Insomma, il governo Meloni probabilmente deciderà – o almeno così promette di fare – di tagliare il sostegno economico a centinaia di migliaia di persone. Ma del loro futuro senza reddito di cittadinanza, invece, non si sa nulla. [sv slug="seguici"]
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