“Ho preso le distanze dai miei fratelli”: Vincenzo Di Lauro parla al processo
Il secondogenito del boss, in videocollegamento, ha dichiarato di aver interrotto i legami con la famiglia criminale e di voler avviare una nuova vita imprenditoriale
Il processo che coinvolge i vertici dei nuovi Di Lauro è attualmente in corso e ha recentemente raggiunto un punto culminante con le dichiarazioni di Vincenzo Di Lauro, secondogenito del noto boss Paolo Di Lauro.
Durante un videocollegamento in aula, Vincenzo ha chiarito la sua posizione nei confronti della sua famiglia e del clan camorristico, rivelando un forte desiderio di distacco e una volontà di intraprendere un percorso imprenditoriale legittimo.
La scelta di prendere le distanze dalla famiglia
Vincenzo Di Lauro, soprannominato F2, ha affermato di aver preso le distanze dai suoi fratelli e dal clan di appartenenza. “Non ho mai pensato di ricostituire il clan,” ha dichiarato, evidenziando come la sua volontà di intraprendere attività imprenditoriali legittime rappresenti un netto distacco dalla vita criminale e dalle operazioni illecite della sua famiglia. Queste affermazioni si inseriscono in un contesto di crescente attenzione da parte delle autorità verso la disarticolazione delle reti camorristiche e la necessità di promuovere la legalità e la riabilitazione sociale.
Le dichiarazioni di Tony Colombo
In aula, sono giunte anche le dichiarazioni di Tony Colombo, cognato di Vincenzo, il quale ha cercato di spiegare il proprio coinvolgimento con il clan. Colombo ha affermato di aver tentato più volte di aiutare il cognato Raffaele Rispolia uscire dal giro del contrabbando di sigarette. Tuttavia, le affermazioni di Colombo non sono state accolte positivamente dai giudici, i quali hanno indicato che ci sono prove concrete di affari illeciti tra lui, Tina Rispoli e il clan di Secondigliano.
Accuse e indagini sul contrabbando di sigarette
Secondo le indagini, Tony Colombo e Tina Rispoli avrebbero avuto rapporti commerciali con il clan di Secondigliano, con una somma totale di 500mila euro investita in attività illecite. Questi fondi sarebbero stati utilizzati per acquisire materiali e macchinari necessari all’allestimento di una fabbrica di sigarette, che è stata successivamente sequestrata. L’impianto, in grado di importare tabacco grezzo dall’estero, sarebbe stato utilizzato per confezionare pacchetti di sigarette da rivendere nel mercato nazionale o esportare all’estero, in particolare in Bulgaria e Ucraina.
La rete di distribuzione nel mercato campano
Il sistema di distribuzione delle sigarette sul mercato campano era ben strutturato e prevedeva una rete di grossisti che rifornivano i rivenditori al dettaglio. Questi ultimi operavano in conto vendita, con prelievi settimanali delle somme di denaro relative al pagamento delle forniture. Questa strategia di distribuzione ha reso il clan Di Lauro particolarmente attivo nel mercato del contrabbando, consolidando il suo potere economico e criminale nella regione.
Le recenti dichiarazioni di Vincenzo Di Lauro, insieme alle rivelazioni di Tony Colombo, mettono in evidenza la complessità delle dinamiche interne al clan Di Lauro e l’impatto delle loro attività illecite sulla comunità locale. Mentre Vincenzo cerca di distaccarsi dal passato, le indagini continuano a svelare le operazioni criminali che hanno caratterizzato la storia della famiglia. Questo processo rappresenta un importante passo verso la legalità e la giustizia, contribuendo a creare un clima di maggiore sicurezza e fiducia nella società.