Gennaro Raimondino
Gennaro Raimondino

Il 16enne attualmente accusato dell'omicidio di Gennaro Ramondino era già in carcere al momento del nuovo arresto, detenuto per un tentato omicidio avvenuto il 4 maggio 2024. 

Questo giovane, legato a una banda criminale guidata da Massimiliano Santagata, considerato il nuovo ras emergente della zona, era già coinvolto in sparatorie. Quel giorno, insieme ad altri membri del clan, aveva cercato di uccidere un pregiudicato nel quartiere Pianura di Napoli. 

L'uomo era agli arresti domiciliari, ma riuscì a sfuggire all'agguato nascondendosi all'interno della sua abitazione. Sebbene la vittima non fu colpita, i proiettili raggiunsero mobili all'interno dell'abitazione, colpendo a un'altezza pericolosamente vicina a dove si trovava l'uomo.

L'azione, pur non essendo legata formalmente alla camorra, si svolgeva in un contesto di rivalità criminali, con motivazioni personali alla base del tentato omicidio. Le indagini rapide e precise della polizia hanno portato alla sua identificazione come uno degli autori dell’attacco, mettendo in evidenza il suo coinvolgimento nei conflitti locali tra bande rivali.

L’Omicidio di Gennaro Ramondino: Una Tragedia nella Criminalità Organizzata

Dopo l'arresto di Santagata, il 16enne decise di ambire a un ruolo più importante all'interno del clan, e questo lo spinse a compiere l'omicidio di Gennaro Ramondino, un amico d'infanzia. L'omicidio avvenne nella notte del 31 agosto 2024, in un sottoscala di via Comunale Napoli, luogo conosciuto come una piazza di spaccio. Il giovane sparò a bruciapelo contro Ramondino, uccidendolo sul colpo. Successivamente, con l'aiuto di complici, trasportò il corpo in una zona di campagna dove venne bruciato per eliminare ogni traccia.

L'indagine, condotta dalla squadra mobile di Napoli e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha portato alla scoperta del luogo dell'omicidio e alla ricostruzione dettagliata delle modalità con cui venne eseguito il delitto. Grazie alle testimonianze e alle prove raccolte, tra cui l’arma del delitto rinvenuta sotterrata, gli inquirenti sono riusciti a delineare il quadro del crimine, che ha lasciato il quartiere di Pianura sotto shock.

L'Interrogatorio: Le Dichiarazioni del Giovane Assassino

Durante l'interrogatorio, il 16enne ha ammesso di aver sparato a Ramondino, ma ha spiegato di essere stato spinto da membri maggiorenni del clan. Secondo il suo racconto, questi lo avevano indotto a credere che Gennaro stesse cercando di prendere il controllo del gruppo di Santagata e che fosse responsabile di un ammanco nelle casse del clan. Il giovane ha sostenuto di non aver premeditato il delitto, dichiarando che avrebbe avuto molte altre occasioni per uccidere Ramondino, dato il loro rapporto di amicizia.

La difesa del ragazzo, rappresentata dall'avvocato Antonella Regine, ha puntato sulla giovane età e sulla cattiva influenza esercitata dai membri più anziani del clan. Il 16enne ha negato di essersi appropriato della pistola utilizzata, smentendo le testimonianze di altri indagati.

Le Indagini e i Risvolti Giudiziari

Oltre all'arresto del minore, le forze dell'ordine hanno fermato anche un altro complice maggiorenne, accusato di favoreggiamento, occultamento e distruzione del corpo di Ramondino e delle autovetture utilizzate per il trasporto del cadavere. Questo arresto ha aggiunto ulteriori dettagli inquietanti alla vicenda, confermando la complessa rete di complicità e legami all'interno del clan.

Con la scoperta dell'arma utilizzata per l'omicidio, sepolta in campagna, e ulteriori prove raccolte, le autorità hanno potuto chiudere il cerchio attorno agli autori del crimine, confermando che la vicenda si inserisce in un quadro più ampio di lotta per il potere all'interno della criminalità organizzata.

L’omicidio di Gennaro Ramondino rappresenta un tragico esempio di come la criminalità giovanile sia strettamente legata alla malavita organizzata. Il 16enne, già coinvolto in un tentato omicidio, ha ucciso il suo ex amico per salire di grado nel clan. Un delitto che, sebbene non premeditato, dimostra la pericolosa influenza esercitata dalle bande criminali sui più giovani, portando questi ultimi a compiere atti di violenza inaudita.

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