Sfiducia a Nordio: maggioranza assente alla Camera, opposizione all’attacco
La mozione contro il ministro della Giustizia per il caso Almasri viene discussa a Montecitorio, ma i banchi del centrodestra restano vuoti.
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La Camera dei Deputati ha avviato la discussione sulla mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio, avanzata dalle opposizioni dopo la scarcerazione del generale libico Najem Osama Almasri. Tuttavia, la seduta di Montecitorio si è svolta con numerose assenze tra i parlamentari della maggioranza, con solo pochi esponenti presenti e nessuno iscritto a parlare in difesa del ministro.
Il caso Almasri e la mozione di sfiducia
La mozione di sfiducia è stata presentata da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva e +Europa. Il nodo della questione è la gestione del caso Almasri, ex capo della prigione di Mitiga a Tripoli, arrestato in Italia 40 giorni fa e poi rilasciato e rimpatriato con un volo di Stato per "ragioni di sicurezza nazionale".
Le opposizioni accusano il governo di aver ignorato un mandato di cattura internazionale per crimini contro l'umanità, con il rischio di compromettere l’immagine dell’Italia sul piano diplomatico. "Il nostro Paese si è sempre impegnato nella cooperazione internazionale, ma questa decisione ha gettato discredito sulle istituzioni", ha dichiarato Federico Gianassi (PD) in Aula.
L’assenza della maggioranza
Se Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi erano presenti a Montecitorio, lo stesso non si può dire della maggioranza. Solo dieci deputati di Fratelli d’Italia, uno di Forza Italia e nessun esponente della Lega hanno assistito alla discussione. Nessuno ha preso la parola, lasciando il dibattito interamente nelle mani dell’opposizione.
La stessa strategia era già stata adottata nel caso della mozione di sfiducia contro la ministra Daniela Santanché, creando malumori anche tra alcuni esponenti della maggioranza, che avrebbero preferito un confronto più diretto in Aula.
Gli attacchi dell’opposizione
Gli interventi dei parlamentari di centrosinistra non hanno risparmiato critiche al ministro della Giustizia. Luana Zanella (AVS) ha sottolineato l'assenza di empatia da parte di Nordio nei confronti delle vittime dei crimini di Almasri: "Non ha speso una sola parola per le persone torturate e abusate, anche bambini. Per questo le chiediamo di andarsene."
Ancora più duro Federico Cafiero De Raho (M5S), ex magistrato antimafia, che ha accusato il ministro di non aver rispettato la Costituzione e le leggi italiane: "Ha rivendicato orgogliosamente il mancato rispetto del mandato d’arresto e si è preso gioco di noi".
La difesa del governo e le possibili conseguenze
Nordio, pur presente, non ha preso la parola, mentre Palazzo Chigi continua a difendere la decisione della scarcerazione come un atto necessario per la sicurezza nazionale. Il governo sostiene che la presenza di Almasri in Italia avrebbe potuto generare tensioni diplomatiche con la Libia e che il suo rimpatrio fosse la soluzione migliore per evitare rischi e proteggere gli interessi nazionali.
Cosa succede ora?
Nonostante la discussione accesa, la mozione di sfiducia non sembra avere i numeri per essere approvata. La maggioranza parlamentare, pur assente dal dibattito, dovrebbe respingerla compatta in fase di voto, evitando così la crisi di governo.
Tuttavia, le polemiche sollevate dal caso Almasri potrebbero lasciare strascichi politici, soprattutto nei rapporti con la comunità internazionale e all'interno della stessa coalizione di governo. La scelta della Lega di non partecipare attivamente alla discussione potrebbe essere letta come un segnale di malcontento nei confronti della gestione del caso da parte di Fratelli d’Italia.
La mozione di sfiducia contro Nordio ha evidenziato ancora una volta le divisioni tra governo e opposizione, ma anche le tensioni all'interno della stessa maggioranza. Sebbene il ministro della Giustizia sia destinato a rimanere al suo posto, il dibattito ha lasciato un'ombra sulla gestione del caso Almasri, alimentando i dubbi sull’equilibrio politico all’interno dell’esecutivo Meloni.