Il racconto della prigionia
Non sono stati mesi semplici, quelli vissuti da Silvia in Africa dal momento del rapimento: la giovane cooperante italiana è stata ammalata in modo serio. "Ogni tre mesi cambiavo covo", ha raccontato Silvia agli inquirenti dando nuovi dettagli di quei mesi trascorsi senza mai essere stata legata né aver visto in volto i suoi rapitori. Molti i trasferimenti da un nascondiglio all'altro, e sempre in luoghi abitati, dove Silvia veniva chiusa in stanze e non ha mai incontrato altre donne. Così i carcerieri, - sempre gli stessi e presenti in tre, ha spiegato - sono riusciti a tenerla nascosta. "Mi hanno assicurato che non sarei stata uccisa e così è stato", ha detto la cooperante ai pm di Sergio Colaiocco che l'hanno ascoltata con i carabinieri dell'antiterrorismo.
Prelevata il 20 novembre del 2018 dall'orfanotrofio di Chakama, in Kenya, da un commando armato di 8 persone, è stata poi venduta ai terroristi somali di Al Shabaab. Per arrivare in Somalia ci sono volute quattro settimane di spostamenti in moto, spesso a piedi e con altri mezzi, ha chiarito Silvia nell'interrogatorio.
La conversione all'Islam
Poi, la conversione all'Islam. "E' successo a metà prigionia, - ha raccontato - quando ho chiesto di poter leggere il Corano e sono stata accontentata". Già al suo arrivo Silvia aveva fugato i dubbi che la decisione fosse avvenuta a causa delle condizioni psicologiche affrontate in Africa, chiarendo che si è trattato di una sua libera scelta. "Nessuno mi ha costretta. E non è vero che sono stata costretta a sposarmi, non ho avuto costrizioni fisiche né violenze", ha dichiarato. L'ipotesi di un'adesione forzata all'Islam sarebbe suffragata anche da una notizia circolata nei mesi scorsi, secondo cui la giovane cooperante sarebbe stata costretta a sposare uno dei carcerieri.
La prigionia è trascorsa in stanze chiuse
Dove Silvia dice però di non essersi mai sentita "carcerata" perché libera di muoversi nei covi, almeno quattro, all'interno di villaggi. "In questi mesi mi è stato messo a disposizione un Corano e grazie ai miei carcerieri ho imparato anche un po' di arabo. Loro mi hanno spiegato le loro ragioni e la loro cultura. Il mio processo di riconversione è stato lento".
Due giorni fa la liberazione, in Somalia. A darne notizia è stato ieri sera il presidente del Consiglio Conte con un tweet, prima ancora di avvisare la Farnesina. (Repubblica)
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