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Megan Evans, una studentessa di 14 anni, è stata trovata morta nel bagno di casa sua a Milford Haven, in Galles, nel febbraio 2017. Dietro il gesto estremo, una campagna di cyberbullismo feroce condotta sui social media da parte dei coetanei, che aveva trasformato la sua quotidianità in un incubo. Gruppi creati appositamente su piattaforme come Facebook e Snapchat hanno preso di mira la ragazza con insulti e derisioni costanti.

La scoperta della madre e le accuse alla scuola

La madre di Megan, Nicola Harteveld, è stata la prima a trovare i gruppi incriminati sui social, in cui la figlia veniva vigliaccamente bullizzata. Uno di questi portava il titolo agghiacciante “Odio Megan Evans.” Nonostante il deterioramento evidente del comportamento della figlia nelle settimane precedenti la tragedia, la scuola non avrebbe segnalato alcun segnale d’allarme alla famiglia.

Nicola ha espresso dure critiche, affermando che l’istituto si era preoccupato solo di dettagli superficiali, come il mancato rispetto dell’uniforme scolastica, senza affrontare i veri problemi. “Dovevano sapere che qualcosa non andava. Invece mi molestavano per questioni insignificanti,” ha dichiarato.

L'influenza perversa dei social media

Snapchat, la piattaforma più utilizzata per il bullismo, ha reso difficile raccogliere prove concrete a causa della natura effimera dei messaggi, che spariscono dopo 24 ore. Questo ha complicato le indagini, ma non ha fermato Nicola dal cercare giustizia per sua figlia. “Non smetterò mai di lottare per far emergere la verità,” ha promesso la madre.

Un fenomeno in aumento

Episodi come quello di Megan sono purtroppo sempre più frequenti. Il cyberbullismo, amplificato dall’uso pervasivo dei social media, rappresenta una minaccia crescente per i giovani. Secondo dati recenti, un adolescente su cinque ha subito episodi di bullismo online. La combinazione di anonimato e mancanza di supervisione rende queste piattaforme terreno fertile per atti di crudeltà.

La necessità di un intervento immediato

La tragedia di Megan sottolinea l’urgenza di interventi coordinati tra famiglie, scuole e istituzioni per prevenire casi simili. Sensibilizzare i giovani sull’impatto devastante del cyberbullismo e creare un sistema di monitoraggio efficace sono passi indispensabili per proteggere i più vulnerabili.

Nicola Harteveld continua la sua battaglia per ottenere giustizia e impedire che altre famiglie subiscano lo stesso dolore.

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