Piantedosi a Forcella: «Combattere la cultura dell'arroganza, troppi ragazzi in giro con le armi»
Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha dichiarato oggi che molti giovani continuano a praticare la cultura dell'arroganza, portando con sé armi. Le sue parole pronunciate durante il seminario conclusivo sui "Diritti e bisogni delle vittime di reato", organizzato dalla Fondazione Polis presso la biblioteca dedicata ad Annalisa Durante, vittima innocente della camorra, scomparsa vent'anni fa proprio in questo rione che, secondo il ministro, è ora diventato un luogo di mitezza.
Piantedosi ha anche sottolineato che nel corso degli anni sono stati erogati 800 milioni di euro a favore dei familiari delle vittime di reato.
Durante la mattinata, si è discusso della necessità di superare la distinzione tra le vittime innocenti della camorra e quelle dei reati comuni, una richiesta avanzata dai familiari delle vittime innocenti e accolta dal ministro, il quale si è impegnato a istituire un tavolo di confronto su questo aspetto presso il ministero.
Piantedosi ha successivamente affrontato il tema della sicurezza nelle grandi città
Evidenziando gli sforzi già compiuti per riportare la polizia nei luoghi più bisognosi, compresa Napoli. Ha sottolineato l'importanza di considerare gli aspetti culturali e sociali, promuovendo una sinergia con i livelli territoriali. Riguardo a Caivano, citato come modello, ha precisato che tale esperienza "non esaurisce il novero dei luoghi dove certi fenomeni si manifestano".
Il sindaco Manfredi, presente al seminario, ha sottolineato la necessità di concentrarsi su alcune aree sensibili della città, tra cui la zona di piazza Garibaldi e porta Capuana, per garantire la sicurezza. Infine, don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis della Regione Campania, ha espresso soddisfazione per la risposta positiva del ministro Piantedosi alla proposta di istituire un tavolo di confronto al Ministero che possa portare all'equiparazione delle vittime innocenti della criminalità organizzata e quelle dei reati comuni, sottolineando che tutte le vittime devono essere riconosciute allo stesso modo.