sacco della spazzatura e un paio di ciabatte

Per anni, una donna ha vissuto intrappolata in una relazione fatta di regole assurde e umiliazioni inflitte dal marito, un manager torinese. Tra le imposizioni che la donna doveva rispettare c’erano divieti e richieste che sottolineavano il controllo totale dell’uomo: non indossare il pigiama in casa la domenica, non bere zabaione o vin brulè perché considerati "da vecchi", mangiare anche la buccia del salame, chiudere sempre la porta del bagno e non sprecare briciole quando si spezzava il pane.

Queste regole, riportate nelle motivazioni della sentenza firmata dal giudice Milena Chiara Lombardo, erano accompagnate da continui rimproveri e offese, con lo scopo di umiliare e controllare. Secondo il tribunale, tali comportamenti denotano un atteggiamento «controllante, umiliante e aggressivo».

Dai soprusi alle percosse: anni di violenza domestica

Oltre alle regole oppressive, la donna era vittima di frequenti offese, soprattutto riguardanti il suo aspetto fisico: veniva continuamente definita "grassa" e le era vietato mangiare tra pranzo e cena. Ai maltrattamenti psicologici seguivano spesso violenze fisiche, rendendo la sua vita un incubo.

I due si erano sposati nel 2002, dopo un anno di fidanzamento, ma il matrimonio si trasformò presto in un rapporto segnato da abusi. Anche dopo la fine della convivenza nel 2021, l’uomo continuò a perseguitarla con comportamenti di stalking, tanto da rendere necessario un divieto di avvicinamento.

La denuncia e il percorso di liberazione

La procura di Torino aprì un’inchiesta d’ufficio quando un referto medico arrivò da un pronto soccorso, segnalando i maltrattamenti subiti dalla donna. All’inizio, la vittima era talmente prostrata da non comprendere nemmeno perché fosse stata contattata da un centro antiviolenza. Solo grazie al supporto degli operatori e alla presa di coscienza del proprio stato, trovò la forza di denunciare il marito.

La condanna: tre anni di reclusione

Il 10 settembre scorso, il tribunale di Torino ha condannato il marito a tre anni di reclusione, sostituiti con la detenzione domiciliare, per stalking, maltrattamenti, danneggiamento e accesso abusivo alla posta elettronica della ex. La sentenza ha segnato una svolta per la donna, finalmente libera da anni di oppressioni e violenze.

Un monito contro la violenza domestica

La vicenda evidenzia ancora una volta l’importanza di denunciare i soprusi e di fare affidamento su centri antiviolenza e istituzioni per trovare supporto e protezione. Un esempio di quanto sia fondamentale il coraggio di rompere il silenzio per riconquistare la propria libertà e dignità.

Ritrovato morto un giovane di Osilo a Monte Corongiu: indagini in corso
Gelo artico in Campania: quando finirà? Le previsioni delle prossime giornate