È terminata ormai da qualche giorno la kermesse più famosa del nostro Paese.
Purché se ne dica, “Sanremo è Sanremo”. Ma vediamo cosa ci ha lasciato questa edizione.
Le polemiche di Sanremo
Cinque serate e numeri da record che non si registravano dal 1999. Eppure questo Festival è cominciato con una serie di polemiche ancor prima del suo inizio.
Il conduttore, Amadeus, accusato di sessismo e maschilismo con tanto di hashtag sui social che recitava #boicottasanremo.
Ma, questo non è bastato e i telespettatori, come ogni anno, si sono riuniti davanti alla tv.
Semplice curiosità o in fondo siamo un popolo conservatore attento alle proprie tradizioni?
Sì, perché Sanremo rappresenta un pezzo della nostra cultura, il Paese del bel canto che ha visto nascere grandi artisti e voci indimenticabili. Canzoni che ci sono rimaste nella mente e che ancora oggi cantiamo a memoria e hanno attraversato ogni generazione.
A proposito di ciò, le premesse di questo Sanremo, all’indomani dell’uscita della lista dei cantanti in gara, hanno lasciato non poche perplessità.
Dubbi che hanno poi trovato conferma nella messa in onda del Festival. Già nel leggere i nomi degli artisti, infatti, risultava palese la volontà di abbracciare un pubblico più vasto e di svariate fasce d’età con la presenza di cantanti più famosi e altri giovanissimi provenienti da generi diversi.
Se ciò potrebbe sembrare, a primo impatto, una scelta strategica e utile allo scopo ultimo, cioè quello di fare audience, con uno sguardo più approfondito, si denota subito un divario generazionale.
Una questione che rispecchia la società attuale dove vediamo quotidianamente le difficoltà dei genitori nell’approcciarsi con i propri figli e capirne pensieri e atteggiamenti.
Trovare una via di mezzo risulta difficile a quanto pare anche a Sanremo dove la scelta degli ospiti non ha lasciato tutti soddisfatti.
Se in una serata si è dato spazio a cantanti più “d’annata”, in un’altra ci sono state esibizioni di artisti più moderni e internazionali.
È chiaro, dunque, l’intento di voler mettere tutti d’accordo ma d’altra parte l’accento sul divario generazionale era evidente.
Fatta eccezione per il duetto di Gianna Nannini e Coez, unico momento in cui una cantante con una carriera più longeva incontra un’artista della scena musicale moderna. È forse questa la strada giusta?
C’era una volta Sanremo.
Altra cosa lampante è un sentimento di “nostalgia” per il tempo che fu.
Un aspetto che ancora una volta si è visto nella scelta dei partecipanti e degli ospiti ma, anche nella figura del conduttore.
Come lo stesso Amadeus ha affermato, infatti, la volontà era anche quella di celebrare l’inizio della sua carriera.
Per fare questo, ha voluto la presenza del suo amico, Fiorello, con il quale ha mosso i primi passi lavorando in radio.
La celebrazione di quest’ultima ha trionfato anche con canzoni tutte radiofoniche. Casualità?
A questo punto sembrerebbe il risultato dell’obiettivo che aveva anticipato il presentatore, per cui “chapeau”.
Difatti, mai come quest’anno, non c’era una canzone che si distingueva particolarmente e che rappresentava un capolavoro indiscusso.
D’altronde viviamo l’epoca del
“sono solo canzonette”, quelle che durano il tempo che trovano: una stagione e un passaggio radiofonico.
In questo clima nostalgico non poteva non vincere una canzone d’amore, dalle note delicate e grintose al contempo, e una voce potente per ricordare che siamo pur sempre il Paese del bel canto.
Diodato incarna perfettamente il messaggio che si voleva dare con questo Sanremo.
Come giustamente è stato definito, è l’esempio dell’educazione, della gentilezza e di un ragazzo sempre composto.
A ragione di ciò, ritorna il contrasto con una generazione che invece si esibisce dando vita a performance stravaganti come Achille Lauro che fa parlare di sé nel bene e nel male rompendo gli schemi del consueto.
Per questo motivo è stato paragonato da molti a Renato Zero e quello che lui, era in grado di mettere in scena sul palco, tra lo stupore della gente e l’assoluta modernità per quell’epoca.
Ecco, allora, come l’alternarsi tra vecchio e nuovo, torna nuovamente in questo Sanremo e l’incomunicabilità cantata da Marco Masini ne
“il confronto” o dallo stesso Diodato in
“fai rumore” è quello che più ci portiamo a casa.
Il grande problema dei giorni nostri avvolti in una “rete” che permette tutto e facilita le comunicazioni ma che, di fatto, allontana e detta in maniera decisa i confini.
Il Sanremo della rinascita
Di fondo, però, quello che appare è una positività generale.
Il voler portare su un palco in mondovisione storie come quella raccontata da Rula Jebreal, Paolo, Jessica Notaro e Ivan Cottini vuol dire smuovere le coscienze e dare speranza.
Scelte coraggiose per immagini e parole forti che sono frutto del desiderio di mostrare aspetti della realtà nuda e cruda ma anche bella quando non si ferma davanti agli ostacoli e si rialza e combatte.
Un senso di rinascita è quello che emerge dal Sanremo 2020, una voglia di ricordarci le cose importanti della vita e i valori che, forse, oggi si sono persi.
L’esaltazione della famiglia con la presenza in prima fila per cinque sere di moglie e figlio di Amadeus o l’abbraccio ai propri genitori in prima serata, non sono un caso.
La promessa mantenuta dei co-conduttori di sostenersi qualora un giorno uno fosse scelto per presentare il Festival, ci insegna che l’amicizia e la stima reciproca sono importanti...
Anche quando poi, per un disguido, comportano la squalifica da Sanremo come il tanto chiacchierato caso di Morgan e Bugo.
Insomma, l’amore profanato in tutte le sue forme e sfumature, anche baci gay che anni fa avrebbe fatto scalpore e conquistato titoli in prima pagina.
Il tema della diversità non è certo mancato
Così come la violenza sulle donne e altri argomenti sociali attuali, come il bullismo e la questione dell’Ilva rappresentati dalla categoria Nuove Proposte.
A proposito dei talenti emergenti
C’è da dire che quasi tutti presentavano testi profondi e con, appunto, tematiche e problemi quotidiani probabilmente anche meglio dei cosiddetti Big e cantanti più affermati.
Che siamo veramente davanti al cambio generazionale?
Nel dubbio, Sanremo 2020 riafferma le sue radici nella tradizione lasciando che i primi due posti in classifica vengano occupati da 38enni.
Entrambi con una gavetta alle spalle e che segnano un ritorno al cantautorato italiano.
Persino il più giovane Leo Gassman, vincitore del gruppo giovani, è uno che scrive di suo pugno musica e testi.
E se proprio c’è da fare dell’ironia sul suo cognome tanto famoso quanto ingombrante, possiamo solo affermare che raccomandazioni e nepotismo sono comunque tratti distintivi della nostra penisola.
Ma, almeno il ragazzo ha dimostrato di avere delle potenzialità e di saper fare qualcosa e che, il Dna certe volte è una garanzia, seppur in ambiti diversi.
Una cosa è certa, ci ritroveremo nuovamente l’anno prossimo ad aspettare il Festival.
Per commentarlo e discuterne prima, durante e dopo perché “Sanremo è Sanremo” ed è molto di più di un Festival o una kermesse canora.
E' un momento di aggregazione a casa, sul divano, al bar o in macchina.
È un Paese che ogni anno a febbraio si specchia e fa il punto della sua situazione socio-culturale.
di Valentina D'Aniello