Stupro Palermo, le mamme dei giovani condannati: «Non sono dei mostri»
«E' stata la ragazza a trascinarli, dovevano andare via»
Lo stupro di gruppo avvenuto a luglio 2023 al Foro Italico di Palermo continua a far discutere, non solo per la brutalità dell’episodio ma anche per le dichiarazioni delle madri dei giovani condannati. Le pene inflitte ai sette imputati, dai 6 agli 8 anni e 8 mesi di reclusione, non sembrano aver placato le polemiche, soprattutto dopo le parole delle donne che difendono i loro figli.
Le dichiarazioni delle madri: «Non sono dei mostri»
Le madri dei condannati, intervistate dopo la sentenza, hanno ribadito l’innocenza dei loro figli, accusando invece la vittima di averli "trascinati". Loredana Mamone, madre di uno dei condannati, Gabriele Di Trapani (7 anni di carcere), ha affermato: «Non si fa sesso di gruppo per strada, certe cose le fanno solo gli animali. Non doveva farsi coinvolgere, ma è stata la ragazza a trascinarli».
Secondo queste dichiarazioni, i ragazzi non sarebbero "mostri", bensì giovani che si sarebbero fatti coinvolgere in un atto che le donne ritengono comunque sbagliato. Le parole della madre sottolineano come l'intero processo difensivo si sia basato sulla presunta consensualità della vittima, una tesi rigettata dal tribunale.
La replica della legale della vittima
L’avvocata Carla Garofalo, che ha rappresentato la 19enne in giudizio, ha sottolineato che la questione va oltre la colpevolezza individuale e coinvolge un problema culturale più ampio. «Questi ragazzi non sono mostri, ma giovani che non hanno mai imparato il rispetto per la donna e per l’amore», ha dichiarato.
La legale ha evidenziato come i condannati abbiano dimostrato una «mentalità arcaica e maschilista», frutto di una mancanza di educazione sentimentale e sessuale. Il "branco", secondo la Garofalo, avrebbe amplificato tali atteggiamenti, portando a una spirale di violenza e disumanità che ha avuto esiti drammatici.
Il racconto della vittima: una notte di orrore
La 19enne, nel corso del processo, ha ricostruito la notte dello stupro, un episodio che ha scosso profondamente l’opinione pubblica. La giovane conosceva alcuni dei ragazzi, tra cui Angelo Flores, con cui aveva avuto una relazione. Dopo aver bevuto insieme, li aveva seguiti al Foro Italico, dove è avvenuta la violenza.
La ragazza ha raccontato di aver chiesto aiuto per strada, ma nessuno era intervenuto. Il branco l’ha aggredita con brutalità, filmando l’intera scena mentre lei implorava di fermarsi. Questo video è stato uno degli elementi chiave per la condanna degli imputati, dimostrando senza ombra di dubbio l’atrocità dell’episodio.
Il silenzio sulla vittima: una seconda ferita
Mentre le madri si concentrano sullo stato d’animo dei loro figli, descrivendoli come «spenti da quando sono lì dentro», nessuna di loro ha speso una parola di compassione per la giovane vittima. Trattata come un oggetto, "trascinata" in un atto che ha distrutto la sua dignità, la 19enne ha vissuto un incubo che resterà per sempre nella sua memoria.
Una riflessione sulla società
Questa vicenda solleva interrogativi profondi non solo sull’educazione ricevuta dai giovani condannati, ma anche sul tessuto sociale che ha permesso una simile mentalità. La mancanza di sensibilizzazione sul rispetto verso le donne e sulle relazioni interpersonali emerge come uno dei problemi fondamentali.
L’episodio di Palermo non è solo una tragedia individuale, ma il riflesso di un problema culturale che richiede un intervento urgente, dalle scuole alle famiglie, affinché si eviti che il branco possa diventare, ancora una volta, sinonimo di violenza e distruzione.