Previsioni
Il Pil calerà dell'8,3% nel 2020, ma nel 2021 ci sarà un rimbalzo del 4,6%: sono le previsioni dell'Istat sull'economia italiana, tenendo conto non solo dell'epidemia ma anche dei segnali di stagnazione già evidenti alla fine del 2019, e quindi ben prima del Covid-19. Il lavoro seguirà lo stesso andamento: le Unità lavorative annue (Ula, cioè i lavoratori, ma calcolati nell'ordine di giornate lavorative di 8 ore) caleranno quest'anno del 9,3% e nel 2021 aumenteranno del 4,1%.
Dalle "Prospettive per l'economia italiana" diffuse stamane arrivano alcuni segnali incoraggianti. Gli indicatori disponibili per il mese di maggio mostrano infatti "alcuni primi segnali di ripresa in linea con il processo di riapertura delle attività", spiega l'Istat. "La ripresa delle attività di produzione e consumo è attesa sostenere - si legge - un miglioramento del clima economico con un effetto positivo sul Pil che, dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre, è previsto in aumento nel secondo semestre dell'anno".
Mercato del lavoro
D'altra parte, le previsioni sono meno attendibili del solito, per via dello "shock senza precedenti che sta investendo l'economia italiana". Si basano soprattutto "su ipotesi che riguardano prevalentemente l'ampiezza della caduta della produzione nel secondo trimestre del 2020, più marcata di quella del primo, e la velocità di ripresa dei ritmi produttivi nel terzo e quarto trimestre". A condizione che però non ci sia una "significativa ripresa dei contagi nella seconda parte dell'anno", e che le misure economiche abbiamo l'effetto positivo previsto, favorito anche dal "proseguimento di una politica monetaria accomodante che stabilizzi i mercati finanziari garantendo il normale funzionamento del credito".
Il mercato del lavoro risente delle conseguenze del lockdown non solo per la perdita dei posti di lavoro, ma anche per il fortissimo aumento di inattivi, circa mezzo milione nei primi quattro mesi di quest'anno. Una situazione che pesa soprattutto sulle donne: il tasso di inattività femminile è cresciuto di 2,3 punti percentuali mentre la disoccupazione è diminuita di 2,6 punti percentuali. L’aumento di inattività è stato più accentuato tra la fascia di età 35-49 (+10,4%, 278mila unità) e 25-34 anni (+8,8%, 172mila unità). In sofferenza anche i più giovani, la fascia tra i 15 e i 24 anni ha perso 119 mila unità, il 31,8%. (La Repubblica)
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