Il coronavirus torna a fare paura dopo una breve tregua. Crescono nuovamente i casi in Europa dove tornano le zone rosse, ma la situazione inizia a farsi calda anche in Italia dove si sono riaccesi dei focolai di covid. In alcune regioni si stanno registrando situazioni critiche e l'Istituto della Sanità invita alla prudenza per evitare che si possa verificare la stessa situazione che stanno vivendo altri paesi con la seconda ondata del virus.
L'epidemia in Italia non si è conclusa e l'abbassamento dei ricoveri e del numero dei contagi non deve far abbassare anche la guardia dei cittadini. Nuovi focolai si sono accesi, se in un primo momento ospedali ed Rsa sembravano essere i luoghi più a rischio ora sono gli uffici e i posti di lavoro a preoccupare. I contagi che si stanno registrando in questi giorni sono relativi al periodo che va dal 18 maggio a 1 giugno, quando quindi c'è stata una prima apertura, ma non ancora tra le varie regioni.
Dal report del ministero e dell’Iss emerge anche che persiste l’assenza di segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali e che i casi sono in aumento rispetto alle settimane precedenti, ma sebbene la cautela deve continuare ad esserci non sembrano essere ancora dati preoccupanti. In Italia l'indice di contagio resta sotto lo zero, solo nel Lazio, a causa del focolaio del San Raffaele, è sopra l'1. In Lombardia, invece, l’indice è 0,82, in miglioramento (lieve) rispetto alla scorsa settimana. In Veneto l’indice è 0,69, in Sicilia 0,72, in Toscana 0,74. Livelli più bassi in altre Regioni come Marche (0,59), Abruzzo (0,57) e Piemonte (0,56). Livelli bassissimi in Basilicata (dove però sale a 0,1), Umbria, Sardegna e Calabria, al di sotto dello 0,1.
I focolai attivi
Attualmente i focolai presenti in Italia sono dieci: quello di
Mondragone (Caserta) dove sono stati messi in quarantena i residenti dei Palazzi ex Cirio (30 positivi);
Palmi (Reggio Calabria) dove ci sono 8 positivi;
Bologna dove in un’azienda si sono riscontrati 14 positivi e in un’attività commerciale 12 positivi;
Montecchio (Reggio Emilia), con un focolaio in due famiglie con legami parentali per un totale di positivi;
Bolzano, con un focolaio familiare con 11 positivi;
Como, dove in una casa di accoglienza per persone bisognose sono stati trovati 7 positivi;
Province di Prato e Pistoiacon 19 positivi;
Porto Empedocle (Agrigento), con un focolaio nella nave dei migranti portati dalla Sea Watch per un totale di 28 positivi;
Alessandria, in una casa di riposo con 13 positivi;
Roma, in un istituto religioso con 4 positivi, oltre ai focolai della Garbatella e dell’ospedale San Raffaele Pisana.
I contagi però non vanno sottovalutati, come afferma lo stesso Crisanti, che ribadisce la rapidità con cui si diffonde il virus, motivo per cui la chiusura deve essere tempestiva per evitare il dramma della prima ondata. Il rischio di nuovi lockdown dunque non è remoto e per questo gli esperti invitano i cittadini a non rilassarsi troppo e a continuare ad usare mascherine e seguire le norme di distanziamento sociale.
Cosa sostiene Crisanti nello specifico sui lockdown. Anche in Italia, come in Cina e Germania, si profila uno scenario fatto di piccoli focolai e mini zone rosse: i casi di Mondragone e Bologna lo dimostrano, indicando come la rapidità nei tamponi e nel tracciamento dei contatti sia la strada giusta da seguire per evitare brutte sorprese in autunno. Lo spiega Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia e Virologia dell'Università di Padova e consulente della Regione Veneto, ospite di 'Circo Massimò su Radio Capital. Crisanti si dice «contento» della risposta messa in atto a Bologna e Mondragone: «è la strada giusta, ma ce ne dobbiamo aspettare altre di queste situazioni, come è successo in Germania e in Cina. L'Italia non è immune. Se lo vogliamo passare indenni, bisogna stare molto vigili in autunno, vale per le istituzioni e i cittadini. Come all'inizio della pandemia, questo virus è in grado di diffondersi e di trasmettersi senza creare casi gravi». A proposito della polemica sugli asintomatici non contagiosi, il virologo non ha dubbi: «se gli ospedali sono vuoti e se gli asintomatici non trasmettono, questi 296 nuovi casi di ieri da dove escono? Ô chiaro che gli asintomatici trasmettono». Per questo giudica «inopportuno» il documento firmato da dieci esperti che dichiara finita l'emergenza. «Non è stato un atto di responsabilità scrivere quel documento, non invita alla prudenza», dice Crisanti. «Può far pensare che non c'è più pericolo e che sia tutto finito. La situazione è migliorata, ma grazie a un lockdown rigido e a una situazione climatica che sembra bloccare la diffusione del virus. Questa situazione non si ripeterà a ottobre-novembre». Fonte: Il Mattino
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