liliana resinovich

La scomparsa di Liliana Resinovich, avvenuta a Trieste il 14 dicembre 2021, continua a sollevare numerosi interrogativi. Il ritrovamento del suo corpo senza vita, a tre settimane dalla sparizione, ha innescato un acceso dibattito tra quanti credono all’ipotesi del suicidio e chi ritiene che la donna sia stata vittima di un omicidio. Nel giorno dell’anniversario della scomparsa, parenti e amici si sono radunati davanti alla Procura di Trieste per chiedere “verità per Liliana”. L’inchiesta, ora orientata verso l’ipotesi di omicidio, ha riacceso l’attenzione su presunti ritardi iniziali nelle indagini e dettagli forensi che potrebbero rivelarsi decisivi.

Una polemica che non si placa

Fin dal primo momento, i familiari di Liliana Resinovich hanno contestato le ipotesi di suicidio, ritenendole poco plausibili. Sotto accusa sarebbero eventuali pregiudizi o ritardi che, secondo la famiglia, avrebbero impedito di indagare in modo rapido sulle circostanze della scomparsa e sul successivo ritrovamento del corpo. A loro parere, elementi come le “lesioni sul volto”, la presenza di “sacchi neri senza impronte” e il fatto che “smartphone e documenti” fossero rimasti a casa, depongono a favore di una morte violenta.

“Un gruppo di balordi” con conoscenze mediche?

L’amica e vicina di casa Gabriella Micheli ha avanzato una suggestione intrigante: “In questo gruppo di balordi c’è qualcuno che ha anche nozioni mediche. Perché credo che nessuno di noi è infermiere, medico preparato, se domani ti ritrovi un corpo e non sai neanche come gestirlo”. Da qui si ipotizza che più di una persona possa essere coinvolta nell’omicidio, e che qualcuno abbia conoscenze tali da aver saputo occultare il cadavere senza lasciare tracce evidenti. Una teoria che, tuttavia, lo psichiatra Massimo Picozzi ritiene poco verosimile, ricordando come in molti casi “misteriosi” venga a galla la presunta figura di un medico, con richiami a celebri fatti di cronaca.

Le indagini sulla data di morte

Uno snodo cruciale dell’inchiesta riguarda la data di morte di Liliana. L’anatomopatologa Cristina Cattaneo, incaricata dalla Procura, dovrebbe esprimere il proprio parere a gennaio. In contrasto con la prima autopsia, si ipotizza ora che il decesso possa essere avvenuto in corrispondenza del giorno della scomparsa. Se così fosse, sorgerebbe il dubbio che il corpo sia stato conservato altrove prima di essere collocato nel luogo del ritrovamento, circostanza che aprirebbe nuove prospettive investigative.

L’ipotesi del raffreddamento naturale

In questa direzione, la consulente della famiglia Resinovich, Fabiola Giusti, ha spiegato in un programma televisivo come a una temperatura costante di 4 gradi centigradi il “rigor mortis” possa permanere più a lungo rispetto allo standard di 4 giorni. Il corpo di Liliana presentava, al momento del ritrovamento, una rigidità in fase di dissoluzione, già scomparsa a livello cervicale. L’avvocato Nicodemo Gentile, che assiste la nipote di Liliana, ha proseguito sostenendo che “pensiamo assolutamente possibile il fatto che quel territorio… è ricco di cavità, di anfratti naturali”, dove il cadavere sarebbe potuto essere tenuto in condizioni di bassa temperatura.

Le accuse dell’albergatrice al marito di Liliana

Sul fronte dei rapporti interpersonali, non mancano tensioni e accuse rivolte a Sebastiano Visintin, vedovo di Liliana. L’albergatrice Jasmina Zivkovic sostiene infatti che la donna, nell’estate del 2021, avesse richiesto “letti separati” per sé e il marito, contrariamente a quanto afferma Visintin, che parla di coppia unita. Zivkovic parla anche di presunte minacce subite: “La gente deve stare attenta a quello che dice, deve avere paura di me per sé e per i suoi famigliari”. Parole che l’uomo avrebbe pronunciato nel 2023, ma che Visintin smentisce categoricamente: “Non mi sarei mai permesso di dire queste cose, è una sua interpretazione”.

Lo scooter e le telecamere di sorveglianza

Un altro nodo riguarda le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza, che mostrerebbero Liliana muoversi in città la mattina del 14 dicembre. In tale contesto compare uno scooter nero, inquadrato più volte durante i passaggi che si presumono essere i tragitti di Liliana. Quarto Grado ha contattato il presunto proprietario del mezzo, il quale afferma di non ricordare cosa abbia fatto quel giorno, pur sostenendo di spostarsi abitualmente in quelle zone. Rimane da chiarire se lo scooter osservato in diverse sequenze sia effettivamente lo stesso e, di conseguenza, se i tempi registrati dalle telecamere siano coerenti.

Le domande sul riconoscimento di Liliana

A complicare ulteriormente lo scenario, il fatto che né il fratello Sergio Resinovich né l’amica Gabriella Micheli riconoscano Liliana nelle immagini di piazzale Gioberti. Quest’ultima, che si trovava nei pressi dei cassonetti poco dopo l’eventuale transito di Liliana, dice di non averla incontrata. Il dubbio che emerge, quindi, è se la donna ripresa dalle telecamere sia davvero Liliana Resinovich o un’altra persona dall’aspetto simile. Un interrogativo che potrebbe ribaltare l’intera ricostruzione degli ultimi movimenti della vittima.

Verso la verità: un puzzle ancora incompleto

Mentre si attendono le conclusioni della nuova perizia medico-legale, la domanda “verità per Liliana Resinovich” risuona più forte che mai. Se la data di morte coincidesse con quella della scomparsa, una parte importante della ricostruzione andrebbe rivista, a partire dall’ipotesi che il corpo sia rimasto altrove per giorni in condizioni termiche particolari. Resta anche il capitolo delle relazioni personali, con accuse incrociate e testimoni in apparente conflitto. A distanza di due anni, la sensazione diffusa è che il caso di Liliana Resinovich sia un mosaico di elementi frammentari: solo quando tutti i tasselli saranno al loro posto, si potrà dare una risposta definitiva a una vicenda che continua a tenere Trieste e l’opinione pubblica col fiato sospeso.

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