Il Virus
"Le modalità di trasmissione del virus sono sempre le stesse e uguali in tutti i Paesi, prevalentemente per droplet o per contatto, in alcuni casi per via aerea. E' stato ritrovato anche nelle feci ma gli impianti di depurazione sono sufficienti a inattivarlo". Viene trasmesso "prevalentemente da sintomatici e da chi, nelle successive 48 ore svilupperà sintomi". Lo ha detto Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss), oggi in audizione in video conferenza alla XII commissione Affari Sociali della Camera sulle iniziative volte al monitoraggio dei contatti interpersonali nell'ambito delle misure di sanità pubblica legate al contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19
"Epidemia ancora in atto"
"Stiamo ancora in fase epidemica - ha spiegato Brusaferro - Il fatto che la curva dei contagi sia decrescente è positivo ed è il frutto delle misure prese e dei comportamenti degli italiani. Ciò non toglie che abbiamo nuovi casi e che la circolazione del virus sia presente nel Paese, e questo deve portarci ad adottare tutte le misure necessarie".
Gli obiettivi della fase 2
"Noi sappiamo che, lasciato libero, il virus per ogni persona infetta ne infetta dalle due alle tre, che è un numero significativo, anche se non altissimo, rispetto ad altre malattie infettive. In ogni caso è tale da poter facilitare una rapida diffusione nella popolazione del virus stesso, ha aggiunto, sottolineando che l'obiettivo principale nella fase 2 è "tenere l'indice RT al di sotto dell'1 in tutti i contesti del nostro Paese". Per il presidente dell'Iss "in questa fase dobbiamo certamente contenere la circolazione del virus. Non siamo ancora in grado di immaginare la sua eradicazione o eliminazione, perché questo scenario sarà raggiunto quando avremo il vaccino, però possiamo fare in modo che la circolazione sia piuttosto limitata".
Il secondo obiettivo da raggiungere
Ha proseguito Brusaferro, è fare in modo che "la quantità di nuovi casi sia sostenibile o gestibile dalle strutture sanitarie, con disponibilità di letti in terapia intensiva, negli ospedali e nei pronto soccorso, con le terapie domiciliari che devono essere fatte". Terzo obiettivo, è quello di capire se "le misure di apertura o di rilassamento che stiamo adottando sono sostenibili, compatibili, e se ci consentono di non tornare in una fase di crescita dell'epidemia". Tale fase, ha spiegato ancora Brusaferro, si caratterizza quando "l'RT è superiore a 1, quindi quando una persona riesce a contagiare più di una persona".
Mappa settimanale della situazione
"Con tutti i dati prodotti dal monitoraggio si genereranno delle matrici di rischio, e su queste basi, algoritmi che vengono declinati molto semplicemente, avremo una mappa su base settimanale delle situazioni di rischio, da discutere in cabina di regia al ministero della Salute con le Regioni e l'Istituto superiore di Sanità".
L'importanza dei tamponi
"Oggi vengono fatti oltre 70mila tamponi al giorno, siamo tra i Paesi che ne fa di più al mondo, ma il numero crescerà ancora nelle prossime settimane. All'inizio se ne facevano meno, anche perchè vista la pandemia globale c'era scarsità di reagenti", ha spiegato Brusaferro. Il presidente dell'Iss ha sottolineato che si faranno "tamponi anche a fasce più ampie popolazione a rischio" e che in questa nuova fase è "prioritario" fare i tamponi ai "contatti stretti" dei casi positivi al coronavirus. Ad oggi "i tamponi sono l'unico metodo per individuare l'rna virale. Ma una persona oggi negativa può esser domani positiva, e viceversa".
Immunità di gregge lontana
"I dati mostrano che la percentuale di immuni è ancora molto bassa"ha poi ammonito Brusaferro, anche se è diversa tra le diverse aree del Paese, "globalmente siamo molto lontani dal 70 per cento necessario alla soglia dell'immunità di gregge". L'obiettivo "è contenere il virus, non siamo ancora in grado di immaginare un'eradicazione, che sarà possibile solo con il vaccino".
"I test non danno patenti di immunità"
"Oggi sul mercato sono disponibili oltre un centinaio di test sierologici, forse 150. Ma questa è un'infezione nuova su cui stiamo acquisendo conoscenze", ha evidenziato Brusaferro. Questi test sierologici "non danno patenti di immunità e non possono rappresentare un indicatore se non del fatto che c'è stato un contatto con l'infezione". E potrebbero anzi "dare un senso di falsa sicurezza che potrebbe essere troppo rischiosa in questa fase".
"Ci mancano molte informazioni per conclusioni certe"
"Non sappiamo ancora quanto dura la memoria immunitaria e la quantità di anticorpi protettivi che consente di dire che una persona è immune. I test sierologici cercano di individuare questi anticorpi, però ci mancano molte informazioni per dedurne conclusioni certe. I test non ci dicono se l'infezione è in corso o risale al passato, se c'è positività poi deve essere valutata con un tampone. E quindi non devono indurre ad una rischiosa falsa sicurezza".
Molto "più importante per la prevenzione è il lavaggio frequente delle mani perché vi si possono depositare droplet".(Repubblica)
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