Sono giovanissimi: Luigi Caiafa 17 anni, Ugo Russo 15; in comune hanno una cosa sola, essere morti per quelle che troppo spesso vengono giustificate come delle ragazzate. Ragazzate a mano armata.
La città è Napoli, ma far finta che il problema non si estenda in tutta la Penisola o, peggio, che il problema non sussista affatto, equivale a vivere totalmente fuori dalla realtà, non possedere giudizio, senso della misura, di non avere l'esatta percezione di cosa è giusto e di cosa invece è sbagliato.
Dalle baby-gang alla criminalità il passo è breve
Sarebbe fin troppo facile e riduttivo, incolpare una generazione di ragazzi, cresciuta in un luogo geografico specifico. Siamo davanti ad una situazione che non ha confini definiti, cercarli distoglierebbe la nostra attenzione dal provare a risolverla.
Sarebbe altrettanto facile e riduttivo dare la colpa al
morto ammazzato o al poliziotto, al
carabiniere che reagisce. Dividere il mondo tra persone buone, innocenti, caste e persone malvagie insomma.
Vale la pena fermarsi un momento e porsi delle domande.
La nostra società è così assorbita dalla frenetica quotidianità da non vedere ciò che accade alle generazioni più giovani, oppure esiste un egoismo di fondo, un disinteresse, che ci fa scegliere di voltare lo sguardo altrove?
E' capitato anche a me di storcere il naso davanti ad eccessivi inglesismi che identificavano troppe volte un gruppo di ragazzini con il famigerato termine
baby gang.
Le ragazzate tra passato e presente
Un'alzata di spalle e la classica frase:
"ma certe cose accadevano anche in passato".
La violenza urbana è sempre esistita, è un dato di fatto, prima ancora che i mass media le chiamassero
baby gang esistevano già bande formate da giovanissimi che contribuivano a riempire i casi di cronaca locale. Nelle grandi città è un fattore endemico e ha raggiunto picchi decisamente sinistri, basti pensare alla
Banda della Magliana a Roma e alla
Mala del Brenta nel Veneto.
Chi parla dei bei tempi andati, in cui tutto andava meglio, cade in errore quando si riportano alla luce certi esempi non propriamente virtuosi.
Ma cosa è cambiato? Cosa differenzia le bande giovanili del XXI secolo da quelle del nostro non facile passato?
La risposta ci porta purtroppo ad un'ulteriore e più triste domanda: quanto conosciamo davvero i nostri figli?
Poco, nulla, per niente.
Nella famiglia si annida il giustificazionismo delle ragazzate
Una piccola premessa è d'obbligo: non si tratta del solito elogio alla
famiglia tradizionale, non è infatti la sua struttura a determinare il destino dei figli. Come in qualsiasi ambito sociale è l'ambiente in cui si cresce, in aggiunta ovviamente alle scelte personali, a incidere maggiormente sul futuro di un bambino.
La famiglia è il primo ambiente con cui un individuo entra in contatto e funge da tramite con il mondo, con gli altri.
Le
conseguenze sono ovvie: il permissivismo porta i bambini a dare per scontate troppe cose; il giustificazionismo li porta a credersi intoccabili.
Così nascono le cosiddette
ragazzate: atti di vandalismo, violenza contro altre persone, fino a sfociare nell'intimidazione di gruppo, nel bullismo, nel
crimine.
Purtroppo anche davanti a certi fatti di cronaca
nerissima si persiste nel rifugiarsi nel falso candore delle ragazzate.
Al di là del risultato delle indagini relative ai fatti di cronaca che ho preso in esempio: fingere una rapina, girare per la città con pistole giocattolo, rubare motorini, scappare dalle forze dell'ordine, speronare auto della Polizia... sono cose
gravi in cui si rischia la vita.
Serve a qualcosa scagliarsi immediatamente contro lo Stato schierandosi senza se e senza ma con i giovani
"che si muoiono di fame" (cit. da
Così parlò Bellavista)? Oppure è arrivato il momento di interrompere questa pericolosa fuga dalle responsabilità genitoriali?
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