Recovery Fund, le novità
C'è ancora molto da fare per il
Recovery Fund o Next Generation EU, come la Commissione ha voluto ribattezzate il Piano Merkel-Macron. Il piano è esteso nella sua portata (750 miliardi). E' destinato a finanziare la ripresa dell’Eurozona nei prossimi sette anni (2021-2027). Le trattative sono ancora in corso.
Gli Stati generali
E’ quanto emerso dagli
Stati generali, organizzati dal Premier Conte a Villa Doria Pamphili a Roma. Sono intervenuti i massimi esponenti delle istituzioni europee, parlando delle
“difficili” trattative per trovare un accordo sull’attivazione del Piano. Il motivo riguarda la sua distribuzione (come verranno ripartiti i fondi?) ma soprattutto rispetto al suo finanziamento (chi contribuirà a ripagare il debito che l’UE emetterà per reperire le risorse immediate?).
Le ipotesi sul tavolo molte, l’unica certezza è che il
Consiglio europeo del 19 giugno non sarà risolutivo, occorrerà rivedersi in un ciclo di incontri, che potrebbe finire prima della pausa estiva o forse anche in autunno. La celerità è un fattore chiave, ma la posta sul tavolo è altissima ed occorrerà far leva sul principio di solidarietà.
Negoziati difficili
Il Presidente del Consiglio europeo
Charles Michel ha avvertito che non bisogna “sottovalutare la difficoltà dei negoziati che stanno per iniziare” e
“c’è ancora strada da fare” perché “in vari punti chiave del progetto esistono divergenze significative: sulla dotazione globale, sulla ripartizione tra prestiti e sovvenzioni, sui criteri di distribuzione delle risorse finanziarie, sulle condizioni di assegnazione dei fondi”.
“Il processo di allineamento verso un accordo è cominciato, ma la strada è ancora lunga e piena di ostacoli”, ha avvertito il Presidente del Consiglio, spiegando che i negoziati “costringono tutti gli Stati membri a riconsiderare determinati principi cui sono fedeli da lungo tempo” e quindi “tutti i partecipanti dovranno sforzarsi di guardare e comprendere le cose dal punto di vista degli altri, accettare di mettere in discussione i propri preconcetti”.
“Non tutti condividono la stessa interpretazione di cosa sia nel concreto la
solidarietà“, ha sottolineato Michel e se “da una parte, presuppone la mobilitazione di risorse per sostenere le regioni e i settori maggiormente colpiti; dall’altra, significa anche realizzare le trasformazioni indispensabili per rafforzare ciascuno Stato membro, e quindi l’Unione europea nel suo complesso”. “Rafforzare l’Italia significa rafforzare anche l’Europa”, ha chiarito facendo un chiaro riferimento alla necessità delle
riforme di cui si è a lungo parlato all’evento.
Le parole di Conte
Il Premier Giuseppe Conte, nella conferenza stampa conclusiva, ha affermato: “Se riuscirò a portare a casa il Recovery fund che prevede ingenti risorse, sarà una vittoria”, ma ha anche chiarito “non credo che il consiglio del 19 sarà risolutivo”.
Poi un
appello all’opposizione che si rifiuta di partecipare all’iniziativa di Palazzo Chigi: “Rivolgo ai partiti di opposizione un appello: c’è ancora da lavorare su questo progetto,
diano una mano con i Paesi Visegrad nell’interesse nazionale”.
Il Governatore Visco
Sul tema del Recovery Fund è intervenuto anche il Governatore
Ignazio Visco, precisando che i “fondi europei non potranno mai essere gratuiti” e che “un debito dell’Unione europea è un debito di tutti i paesi membri e l’Italia contribuirà sempre in misura importante al finanziamento delle iniziative comunitarie, perché è la terza economia dell’Unione”.
“I benefici degli strumenti di sostegno europei – ha aggiunto – non vanno valutati solo per la convenienza finanziaria che li caratterizza, pure notevole, ma anche e soprattutto per la possibilità che offrono di inserire lo sforzo nazionale in una strategia di sviluppo comune”.
La paura di una tassa europea
Se sulla ripartizione delle risorse c’è un ampio dibattito (in base al PIL, alla popolazione, al danno dei contagi?), il tema del finanziamento del bilancio comune divide ancor di più i Paesi europei, ciascuno sulle proprie posizioni. E’ un tema che ha da sempre bloccato gli Eurobond.
Il piano da 750 miliardi verrà finanziato sul mercato, con l’emissione di titoli di debito europei da parte della Commissione. L’antenato degli Eurobond dovrà poi essere rimborsato, non subito naturalmente, a partire dal 2028, ma chiarire come si contribuirà a ripagarlo è d’obbligo sin dall’inizio.
Sinora, il bilancio europeo è stato finanziato solo con contributi proporzionali degli Stati membri. Ma
avanza l’ipotesi di una tassa europea. Più facile a dirsi che a farsi. I Paesi europei hanno sempre mantenuto piena sovranità sul fisco, occorrerebbe superare le resistenze, ma soprattutto determinare di quale tipo di tassa si sta parlando.
Ipotesi al vaglio
Secondo il quotidiano La Repubblica, vi sarebbero varie ipotesi: da una
tassa sulle imprese più grandi che operano sul mercato europeo (gettito atteso 10 miliardi) ad una tassa
sui rifiuti in plastica non riciclabile (entrate attese 7 miliardi) o, ancora, una revisione dei
diritti di emissione di CO2 (ricavato 10 miliardi).
Poi vi sono altre ipotesi che peserebbero all’esterno: dalla
web tax, osteggiata da Trump e scarsamente fruttuosa (gettito appena 1 miliardo) alla
carbon tax, che prevede di far pagare i diritti di emissione di CO2 sulle merci importante da altri Paesi. Quest’ultima potrebbe portare in cassa risorse ampie (fino a 14 miliardi), ma scatenerebbe una guerra commerciale, soprattutto con gli USA. Fonte: QuiFinanza
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