diego armando maradona

Nel processo sulla morte di Diego Armando Maradona, la figlia Dalma ha rilasciato una testimonianza durissima che punta il dito contro i sette operatori sanitari imputati per negligenza. In aula, la figlia maggiore del Pibe de Oro ha descritto le condizioni della casa in cui il padre fu sottoposto a presunto ricovero domiciliare come «disgustose» e «puzzolenti di urina».

«Ci hanno fatto credere in qualcosa che non è mai successo», ha dichiarato con voce rotta dall’emozione. «Siamo stati ingannati nel modo più crudele».

Una casa inadatta alle cure

Maradona morì il 25 novembre 2020, pochi giorni dopo un intervento per la rimozione di un ematoma subdurale. Aveva 60 anni. Secondo Dalma, l’ambiente in cui il padre si trovava non era in alcun modo idoneo ad accogliere un malato in quelle condizioni:

«Il letto era disgustoso, la casa puzzava, c’era un bagno chimico e pannelli alle finestre per oscurare tutto. Anche la cucina era in condizioni pietose».

Le accuse alla sanità

Sette operatori sanitari, tra cui il neurochirurgo Leopoldo Luque, la psichiatra Agustina Cosachov e lo psicologo Carlos Díaz, sono sotto processo per omicidio colposo aggravato. Rischiano una pena fino a 25 anni di reclusione.

Dalma ha raccontato che dopo l’intervento, fu suggerito un ricovero domiciliare come unica alternativa possibile al posto di un ricovero ospedaliero:

«Ci promisero infermieri disponibili 24 ore su 24, il monitoraggio della pressione, la somministrazione dei farmaci. Tutto questo non è mai accaduto. Fu una messa in scena».


La testimonianza della figlia di Maradona è la prima resa in aula da un membro della famiglia dell’ex capitano della nazionale argentina. Un racconto drammatico, che aggiunge nuove ombre sul comportamento di chi doveva garantire l’assistenza e la dignità di uno dei più grandi calciatori della storia.

 

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