Strage Samarate, ergastolo per Alessandro Maja. Il figlio sopravvissuto: "Non lo perdonerò mai"
STRAGE SAMARATE. Nella giornata di ieri, la Corte d'Assise di Busto Arsizio (Varese) ha emesso la sentenza nei confronti di Alessandro Maja, un 57enne interior designer, colpevole del duplice omicidio della figlia Giulia, di soli 16 anni, e della moglie Stefania Pivetta, 56 anni, nonché del tentato omicidio del figlio maggiore Nicolò, 21 anni. I tragici eventi si sono verificati nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022, nella loro villetta a Samarate (Varese).
Dopo 5 ore di camera di consiglio, la Corte ha emesso la condanna di Alessandro Maja all'ergastolo, con l'aggravante di 18 mesi di isolamento diurno. Nicolò, l'unico sopravvissuto alla tragedia familiare, era presente in aula durante la pronuncia della sentenza.
Strage Samarate - Il processo
Nel corso del processo, la difesa aveva invocato le attenuanti generiche e aveva cercato di far riconoscere un vizio parziale di mente, mentre l'accusa aveva chiesto l'ergastolo con isolamento diurno. La Corte ha deciso di seguire la richiesta dell'accusa, comminando la massima pena prevista dalla legge per un caso così grave.
La motivazione dietro i terribili gesti di Maja non è ancora chiara, poiché l'uomo non ha mai spiegato le ragioni del suo comportamento. Gli investigatori inizialmente avevano ipotizzato problemi coniugali come possibile movente, ma questa ipotesi è stata smentita. Successivamente, hanno concentrato le indagini su eventuali difficoltà finanziarie, ma anche questa pista è risultata inconcludente.
La sera del tragico episodio, dopo aver colpito i suoi familiari nel sonno con un martello, Maja si è affacciato sul balcone urlando frasi incomprensibili, tra cui "li ho uccisi tutti, bastardi", che non è mai riuscito a spiegare e che ha dichiarato di non ricordare.
Nicolò Maja: "Non lo perdonerò mai"
Nicolò, il figlio maggiore sopravvissuto, è stato gravemente ferito nell'attacco e ha trascorso molti mesi in ospedale, sottoponendosi a numerosi interventi chirurgici. Oggi è stato visto in piedi per la prima volta, dopo un lungo periodo trascorso su una sedia a rotelle. Il giovane vive ora con lo zio Mirko, l'unico parente rimasto dopo la devastante perdita della sua famiglia.
La comunità locale è stata scossa da questo drammatico evento e la sentenza ha portato un po' di giustizia per le vittime. Ora si spera che Nicolò possa trovare la forza per affrontare il futuro e superare questo terribile trauma. La decisione della Corte rappresenta un passo importante verso la chiusura di questo triste capitolo.