Il rischio di un prolungamento delle misure restrittive porterà una nuova ricaduta dei consumi in Italia e in Campania. Soprattutto dopo le parole del governatore De Luca che auspica una zona arancione nazionale.
Quello che si teme è infatti un buco di 15 miliardi di euro in tre mesi rispetto al primo trimestre del 2020. E’ quanto stimato da Confesercenti Nazionale. Nel 2020 la pandemia ha già cancellato 105 miliardi di euro di consumi e oltre il 6% del Pil. Commercio, turismo e ristorazione i settori più colpiti, ma nel Recovery plan mancano interventi ad hoc per questi settori.
"No ristori a puntate"
Bisogna superare il concetto di «ristori a puntate, visto che nel recovery plan non si prevedono interventi diretti per commercio, alloggio e ristorazione, per i quali il piano genererebbe ricadute positive solo sul medio lungo periodo, quando invece gli aiuti sono urgenti» e serve «un piano di largo respiro per sostenere e rilanciare le imprese», sottolinea il Presidente di Confesercenti Patrizia De Luise. Concetti sposati totalmente anche da Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania e Responsabile delle politiche per il Sud.
«Se in tutta Italia i ristori certi e immediati sono importanti, nella nostra regione sono addirittura fondamentali, perché consentirebbero agli imprenditori di sopravvivere al dramma della crisi economica dovuta alla pandemia.
Senza aiuti molte delle nostre attività sono destinate a fallire o a essere vittima di azioni di sciacallaggio da parte della malavita. Le mafie non aspettano altro per impossessarsi delle aziende a prezzo di saldo e in una sola tornata.
Oltre ai ristori sul fatturato – continua Schiavo – è necessario intervenire con un decreto del Governo per sostenere gli imprenditori sui fitti, perché ci sono aziende che pagano più di 30mila euro al mese di locazione e questo, è evidente, può determinare il fallimento di un’attività al mese.
Confesercenti Campania, in tal senso, chiede anche il blocco degli sfratti e delle azioni fallimentari proposte contro le nostre attività. Al fine di preservare l’apertura delle nostre attività ribadiamo anche noi che i cittadini devono responsabilmente rispettare le regole anche in questo momento di “zona gialla”, così come i nostri esercenti continuano ad applicare le misure preventive all’interno dei propri locali».
I dati nazionali
Confesercenti ritiene che se la spesa non riparte non riparte nemmeno l’Italia Il 2021 parte male per i consumi. Il -15 miliardi di spesa di consumi stimati colpisce soprattutto le imprese del commercio, del turismo e della ristorazione. Con una diminuzione media del valore aggiunto del 16,2%, a fronte del -9,6% registrato dalle altre imprese.
Un problema per la crescita
visto che si riduce fortemente la quota di Pil generata da questi comparti: si passa dal 6,2 al 4,4% del Pil per “Alberghi e pubblici esercizi”; dal 4,2 al 3,3% per la “Ricreazione e cultura”; dal 3,7 al 3% per l’Abbigliamento.
Dinamiche che evidenziano l’attuale impossibilità dei consumi interni di spingere la crescita dell’economia italiana, come hanno sempre fatto, visto che valgono il 60% del nostro Pil. Senza una loro decisa ripresa, quindi, l’economia del Paese entrerà in una spirale discendente da cui sarà difficile uscire. «Lo stop dei consumi, effetto delle restrizioni e dell’incertezza generata dall’emergenza pandemica, ha gettato le imprese del terziario in una crisi senza precedenti.
I prossimi mesi rischiano di vedere aumentare drammaticamente il numero di cessazioni delle attività. In particolare quelle di prossimità e legate alla filiera turistica». Commenta Patrizia De Luise, che aggiunge: «La priorità deve essere la salute; ma se si sceglie di sacrificare pubblici esercizi, imprese turistiche e commercio per limitare la circolazione dei cittadini, e quindi a vantaggio del bene comune, dobbiamo cambiare passo sui sostegni.
Bisogna superare assolutamente il criterio di scelta in base al codice Ateco, che è stato un fallimento ed ha lasciato fuori troppe imprese. Basta anche con i dl ristori “a puntate”: serve un intervento di largo respiro, con più risorse ed un cronoprogramma chiaro, per dare alle attività la certezza di sostegni sufficienti a portarle oltre al fine dell’emergenza sanitaria».
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