Omicidio Liliana Resinovich: la perizia conferma la “chokehold”
L'ipotesi dell'amico Claudio Sterpin e le critiche sulle indagini

La perizia medico-legale ha confermato che Liliana Resinovich è stata uccisa con una presa al collo nota come “chokehold”, una tecnica che blocca il flusso sanguigno al cervello e che, se mantenuta troppo a lungo, risulta fatale. Questo metodo è diventato tristemente noto a livello internazionale dopo il caso di George Floyd.
Una morte violenta: il ruolo del “chokehold”
Secondo quanto emerso dalla perizia, la frattura alla vertebra T2, avvenuta poco prima o immediatamente dopo il decesso, dimostra che la donna non si è tolta la vita, ma è stata assassinata. Gli inquirenti ora stanno cercando di identificare l'autore di questa manovra letale, ricostruendo gli ultimi momenti di vita della vittima.
Questa presa al collo è nota per la sua pericolosità: se eseguita con forza e mantenuta per un periodo prolungato, non lascia scampo alla vittima. Il caso di Liliana Resinovich, dunque, assume contorni sempre più inquietanti.
Nuovi dettagli dai reperti e le critiche di Claudio Sterpin
Oltre alla conferma della causa del decesso, sul corpo di Liliana sarebbero stati trovati peli e capelli, che potrebbero fornire elementi cruciali per individuare il responsabile.
Nel frattempo, Claudio Sterpin, amico speciale della vittima, ha espresso forti critiche sulla gestione iniziale delle indagini. Intervenuto a Quarto Grado, ha sottolineato come, a suo avviso, se gli investigatori avessero analizzato sin da subito le lesioni sul corpo, la verità sarebbe emersa molto prima.
"Questa perizia non sarebbe servita a nulla se tre anni fa le indagini fossero state fatte come si doveva. I segni del soffocamento erano già presenti sul cadavere. Perché non sono stati considerati?", ha dichiarato Sterpin.
L'ipotesi di Sterpin: “È stata uccisa in casa”
L’amico di Liliana ha avanzato anche una sua ipotesi sulle modalità dell’omicidio:
"Lei è stata uccisa in casa. Penso con un cuscino: se io ti metto sulla bocca il mio cappellino, in due minuti non respiri più. Finito."
Un’ipotesi che apre ulteriori interrogativi su un caso che, a distanza di tre anni, continua a rivelare inquietanti retroscena.