📍 Luogo: Milano
«Una persona totalmente equilibrata, senza scompensi psichici». Così era descritto Emanuele De Maria, il detenuto condannato per omicidio che ha ottenuto il lavoro esterno all’hotel Berna di Milano, dove ha ucciso la collega Chamila Wijesuriya e ferito un altro dipendente, Hani Nasr. A scriverlo erano due relazioni ufficiali dell’équipe di psicologi ed educatori del carcere di Bollate, rispettivamente del 2023 e del 2024, firmate anche dalla direzione penitenziaria.
Le relazioni che hanno favorito il lavoro esterno
Secondo i documenti agli atti, De Maria veniva considerato un detenuto modello, collaborativo, attento, senza segni di squilibrio e con una “buona rete affettiva”. Un quadro talmente positivo da convincere la giudice Giulia Turri del Tribunale di Sorveglianza di Milano a concedergli l’ammissione al lavoro esterno.
Tra le motivazioni che hanno pesato di più nella decisione:
- la frequenza universitaria con due esami superati,
- i giudizi positivi da parte del datore di lavoro dell’hotel,
- la “relazione affettiva stabile” sul posto di lavoro,
- l’assenza di segnalazioni critiche durante l’impiego.
Tutti elementi che sembravano confermare un percorso riabilitativo maturo, ma che oggi appaiono come una clamorosa sottovalutazione del rischio.
La richiesta urgente del ministro della Giustizia
Alla luce della tragedia, il ministero della Giustizia ha richiesto oggi, 14 maggio, una relazione urgente sul caso, chiedendo alla Corte d’Appello di Milano di acquisire tutta la documentazione relativa alla concessione del lavoro esterno. Si indaga per capire se vi siano state omissioni, negligenze o leggerezze nella valutazione del percorso trattamentale del detenuto.
In parallelo, la Procura ha aperto un fascicolo autonomo per verificare eventuali segnali trascurati o ignorati durante il percorso rieducativo di De Maria, condannato in passato per l’omicidio di una giovane donna nel Casertano.
Chamila era stata avvisata: “Lascia Emanuele De Maria, ha già ucciso”
Ad aggravare l’intera vicenda c’è un altro elemento drammatico: Chamila Wijesuriya messa in guardia da Hani Nasr, il collega che poi aggredito e ferito gravemente da De Maria. “Lascia perdere Emanuele, ha già ucciso una donna”, le avrebbe detto poco prima del femminicidio. Un consiglio che la donna non ha avuto il tempo di seguire.
Il 9 maggio scorso, Chamila è stata accoltellata alla gola nel Parco Nord, dove il suo corpo è stato ritrovato poche ore dopo il suicidio di De Maria, avvenuto gettandosi dalle terrazze del Duomo. Il giorno prima, De Maria aveva anche tentato di uccidere Nasr con cinque coltellate.
Emanuele De Maria, una valutazione sbagliata e il peso delle responsabilità
La vicenda solleva ora domande gravi sulle modalità di gestione dei permessi premio e sui criteri con cui vengono valutati i detenuti nelle carceri italiane. Le relazioni positive del carcere di Bollate non solo non segnalavano alcun rischio, ma descrivevano De Maria come pienamente integrato, collaborativo e pronto a rientrare nella società.
Si fa sempre più forte la voce di chi chiede una revisione completa dei protocolli di valutazione psicologica e comportamentale nei percorsi rieducativi. Una tragedia che, forse, con una maggiore prudenza istituzionale, poteva essere evitata.