"Scusate, dove mi trovo, sono a Lodi?".
Queste la prima domanda formulata da paziente 1, l'atleta e runner 38enne, subito dopo il risveglio nel reparto di terapia intensiva. L'uomo si era presentato una prima volta all'ospedale di Codogno nel pomeriggio dello scorso 18 febbraio senza però avere i sintomi che avrebbero potuto portare ad identificarlo come caso 'sospetto'. Tant'è che dopo gli accertamenti e le terapie necessarie, nonostante la proposta di ricovero, aveva deciso di tornare a casa.
Il ricovero
Poche ore dopo, però, la situazione era precipitata, al punto da richiedere, la mattina del 20 febbraio, l'intervento del rianimatore e un reparto di terapia intensiva. Era stata la moglie a informare i medici che il marito a fine gennaio era stato a cena con alcuni amici, tra cui uno appena rientrato dalla Cina, Quindi era stato disposto il tampone e la scoperta del primo caso in Lombardia, prima dell'esplosione dell'epidemia.
La moglie incinta
Adesso il cosiddetto "Paziente1" sta meglio, ha lasciato la terapia intensiva, ha ripreso a respirare da solo ed è stato trasferito a quella sub-intensiva del San Matteo di Pavia. Ora ha anche ripreso a parlare.
Fino a a poco fa era rimasto attaccato all'ossigeno e monitorato 24 ore su 24. Al risveglio, tra le prime cose che ha chiesto è se si trovasse o meno all'ospedale di Lodi. Il prossimo passo saranno le dimissioni per tornare a casa dalla moglie, dimessa qualche giorno fa dal Sacco di Milano, e che tra non molto darà alla luce una bimba.
A riaccendere le speranze e a far dire che la "zona rossa" in provincia di Lodi sta funzionando ed è da "replicare" - perché il numero dei contagiati di giorno in giorno sta calando al punto da essere adesso tra i più bassi in Lombardia - sono anche le parole di uno dei medici di famiglia di quell'area.(Tgcom24)
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