📍 Luogo: Napoli
Mario Paciolla, cinque anni dopo la morte in Colombia: la famiglia chiede ancora giustizia e denuncia l’archiviazione in Italia
Napoli non dimentica Mario Paciolla. Sono passati cinque anni da quel tragico 15 luglio 2020, quando il giovane cooperante Onu fu trovato morto nel suo appartamento in Colombia. Da allora, i genitori Anna Motta e Pino Paciolla non hanno mai smesso di cercare la verità. E in città, sui muri, sulle edicole e sui lampioni, continua a comparire il suo volto accompagnato da una richiesta semplice e potente: «Giustizia per Mario Paciolla».
Una morte mai accettata come suicidio
Mario aveva 33 anni e lavorava come osservatore per le Nazioni Unite. Quella mattina avrebbe dovuto lasciare San Vicente del Caguán per raggiungere Bogotà. Aveva comprato il biglietto aereo e avvisato il proprietario di casa. Solo pochi giorni prima aveva confidato ai genitori tensioni sul lavoro, definendo la situazione “simile a quando fu bocciato alle superiori”. Un parallelismo inquietante che oggi, con il senno di poi, appare un sinistro presagio.
La versione ufficiale non convince
Le autorità colombiane hanno subito parlato di suicidio. Ma i genitori non ci hanno mai creduto. A rafforzare i dubbi: la casa ripulita con candeggina da funzionari Onu prima dell’arrivo della polizia, l’assenza di impronte sui coltelli, l’incompatibilità tra le ferite e l’ipotesi di suicidio evidenziata dall’autopsia svolta in Italia. E poi c’è la scomparsa dei quaderni su cui Mario annotava il lavoro.
La missione in Colombia e la sua riservatezza
Mario monitorava la reintegrazione degli ex guerriglieri delle FARC. «Ci parlava pochissimo del suo lavoro – racconta la madre – era riservato, attento, non voleva esporsi». Ricorda anche i piccoli gesti che lo rendevano speciale: il parmigiano sottovuoto da regalare ai colleghi, le due pastiere portate ogni anno a Natale, una per gli amici delle Brigate Internazionali di Pace, l’altra per la signora delle pulizie.
Una famiglia che non smette di lottare
«Finché sarò in vita, nessuno dimenticherà Mario», dice la madre Anna. In questi anni ci sono state interrogazioni parlamentari, manifestazioni, presidi. Ma da parte delle istituzioni nessuna vera risposta. Il 30 giugno scorso, la Procura di Roma ha chiesto e ottenuto l’archiviazione del caso. Per i genitori è l’ennesimo colpo: «Lo Stato italiano non ha mai chiesto spiegazioni all’Onu».
Il confronto con il caso Attanasio
La famiglia Paciolla paragona il silenzio intorno a Mario a quello seguito all’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio in Congo. «Neanche in quel caso, eppure era un rappresentante della Repubblica, l’Italia ha chiesto conto alle Nazioni Unite. È assurdo». Un’Italia che non prende posizione e che, secondo i familiari, rinuncia alla propria sovranità e ai suoi cittadini.
Cinque anni dopo, Napoli non dimentica
In città, la memoria di Mario è ancora viva. «Giustizia per Mario Paciolla» non è solo una scritta: è una battaglia collettiva. È il dolore di una madre e di un padre che non si arrendono, e di una comunità che pretende verità. Quei manifesti, quegli occhi azzurri che guardano l’orizzonte, restano lì a ricordare che la verità è ancora lontana.