Femminicidio Annalisa Rizzo

Annalisa Rizzo, uccisa dal marito: fu femminicidio. Il dolore della madre contro il silenzio delle istituzioni

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Written by Irene Vitturri

19 Luglio 2025

📍 Luogo: Agropoli

Si è conclusa con un decreto di archiviazione l’inchiesta avviata dalla Procura di Vallo della Lucania sulla tragica morte di Annalisa Rizzo, 43 anni, avvenuta lo scorso gennaio in un’abitazione di via Donizetti ad Agropoli. La donna fu colpita con dieci coltellate dal marito, Vincenzo Carnicelli, che dopo il brutale gesto si tolse la vita, lasciando la figlia della coppia, una ragazzina ancora minorenne, sola in casa. A confermare l’epilogo drammatico è stato il giudice per le indagini preliminari Mauro Tringali, che ha firmato il decreto di archiviazione, riconoscendo formalmente che si è trattato di un femminicidio.

L’appello della madre di Annalisa: “Silenzio assordante delle istituzioni”

A pochi giorni dalla chiusura del procedimento, a rompere il silenzio è stata Maria Giovanna Russo, madre di Annalisa, che ha affidato a una lettera aperta le sue parole cariche di dolore e denuncia. Una testimonianza accorata che ha messo in luce l’assenza totale di un supporto da parte delle istituzioni locali, in particolare del Comune di Agropoli, nei lunghi mesi successivi alla tragedia.

“Scrivo con il cuore spezzato e l’anima ferita – esordisce – non solo per piangere l’assenza di mia figlia, ma per denunciare il silenzio che ha avvolto la sua morte. Mi sarei aspettata un gesto di vicinanza, un’iniziativa per ricordare lei e le altre donne vittime di violenza. E invece ho trovato solo un vuoto istituzionale, un’indifferenza che pesa come un macigno.”

“Mia figlia non è solo un nome. È una ferita collettiva”

La madre di Annalisa si rivolge anche alle donne e agli abitanti di Agropoli, sollecitando un risveglio delle coscienze. Le sue parole sono un monito, ma anche un invito a non abituarsi alla violenza e a non considerare i femminicidi come semplici statistiche.

“Ogni volta che una donna viene uccisa, è una ferita per tutta la società. L’82% dei femminicidi avviene in ambito familiare. Non sono raptus, ma il frutto di una cultura che dobbiamo cambiare insieme. Smettiamola di dire che ‘se l’è cercata’. Mia figlia meritava di vivere. Non può essere solo un altro nome dimenticato.”

La lettera si chiude con un appello all’amministrazione comunale: attivare iniziative di sensibilizzazione, creare spazi sicuri per le donneinvestire in politiche concrete contro la violenza di genere. E alle donne della comunità, chiede di non restare in silenzio:

“Siate unite, siate la voce di chi non può più parlare. Non lasciate che il prossimo femminicidio sia accolto dal silenzio. Mia figlia meritava di vivere.”

Agropoli chiamata a reagire: il femminicidio non può finire nel dimenticatoio

Il caso di Annalisa Rizzo non è soltanto un dramma familiare, ma un simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, troppo spesso ignorata quando le luci mediatiche si spengono. Il vuoto istituzionale denunciato dalla madre è lo specchio di un sistema che, ancora oggi, fatica a dare risposte concrete e immediate a chi subisce abusi, a chi perde una figlia, una sorella, un’amica.

In una fase storica in cui si parla tanto di parità, sorellanza e diritti, la memoria delle vittime di femminicidio non può svanire nel silenzio. La lettera di Maria Giovanna Russo è un grido che non deve restare inascoltato: perché non c’è giustizia senza memoria, e non c’è futuro senza impegno.

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