📍 Luogo: Porto Cervo
Nuove tensioni nel processo a Ciro Grillo e ai suoi tre amici, accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una studentessa italo-norvegese. Nell’ultima udienza, l’avvocato Enrico Grillo, padre dell’imputato e difensore in aula insieme all’avvocato Andrea Vernazza, ha cercato di minare la credibilità della ragazza con un’arringa dai toni pacati ma pieni di spunti polemici.
Secondo la ricostruzione della Procura, i fatti risalgono alla notte tra il 16 e il 17 luglio 2019, nella villetta della famiglia Grillo a Porto Cervo, dopo una serata trascorsa al Billionaire con ingenti consumi di alcol. Ma la difesa punta a smontare l’impianto accusatorio sottolineando incongruenze e comportamenti “incompatibili” con lo stato di presunta vittima.
«Ha gridato al lupo al lupo troppe volte»: il riferimento al caso norvegese
Durante l’arringa, il legale ha ricordato un precedente episodio denunciato dalla stessa ragazza: una presunta violenza da parte di un amico norvegese, Enrique Bye Obando, per la quale la studentessa avrebbe in seguito chiesto scusa ammettendo di aver mentito. «Ha gridato al lupo al lupo qualche volta di troppo – ha detto l’avvocato Grillo – e per questo credo che anche i suoi amici non le abbiano creduto. Quante probabilità ci sono che una persona sia vittima di due episodi con elementi a tratti simili?».
Il nodo dell’alcol e il kitesurf il giorno dopo la presunta violenza
Altro elemento contestato dalla difesa è la quantità di alcol consumata dalle due ragazze quella notte. Mentre la studentessa ha più volte ribadito di essere «ubriachissima», la sua stessa amica ha ridimensionato le dosi, affermando che erano in grado di camminare. «Tutti i ragazzi hanno sempre dichiarato di aver bevuto, ma nessuno ha parlato di uno stato di incoscienza», ha precisato l’avvocato.
Il giorno dopo, la studentessa avrebbe partecipato a una lezione di kitesurf. «Come poteva praticare uno sport così impegnativo se aveva davvero tutto quell’alcol nel sangue?», ha chiesto provocatoriamente il legale, insinuando che il racconto della giovane non sia coerente con le sue azioni successive.
Le foto sul cellulare: 3.300 scatti in 30 giorni
Altro elemento utilizzato per mettere in discussione la veridicità della denuncia è stato il contenuto del cellulare della ragazza: oltre 3.300 foto e video realizzati nei trenta giorni successivi alla notte contestata. «Non giudico, ma è lecito chiedersi se quei contenuti siano compatibili con una persona in profonda crisi emotiva», ha detto l’avvocato.
Per la difesa, la studentessa sarebbe una persona con un forte disagio interiore, che si manifesta in modo alternato a seconda del contesto e degli interlocutori. Un comportamento che, secondo i legali, dovrebbe essere tenuto in considerazione nel valutare l’attendibilità delle sue parole.
La difesa insiste: “Versioni coerenti solo dai ragazzi”
«Dal primo interrogatorio a oggi – ha ribadito l’avvocato Grillo – tutti i ragazzi hanno sempre fornito la stessa versione dei fatti, coerente e lineare. L’unica che ha modificato il proprio racconto nel tempo è la ragazza». Il processo si avvicina a una fase cruciale e le prossime udienze potrebbero essere decisive per il verdetto.