📍 Luogo: Scandicci
Phica.eu, presunto gestore Vittorio Vitiello di Scandicci: indagini su estorsioni e racket dei siti sessisti
Emergono nuovi dettagli sul caso Phica.eu, il sito finito al centro delle indagini della polizia postale per la diffusione di immagini di donne senza consenso. Il presunto gestore sarebbe Vittorio Vitiello, 45 anni, di Scandicci, che avrebbe operato dietro i nickname Phica Master e Boss Miao.
Phica.eu, individuato il presunto gestore
Secondo gli investigatori, Vitiello avrebbe continuato a gestire il sito nonostante un precedente interrogatorio nel 2019, quando la piattaforma era già stata segnalata per contenuti sessisti e diffamatori. Il sito, chiuso solo pochi giorni fa, si appoggiava su server russi e cinesi per sfuggire ai controlli.
I nickname e la gestione occulta
Dietro i profili Phica Master e Boss Miao si sarebbero nascoste pratiche illegali, tra cui un presunto tariffario per la rimozione delle immagini: da 350 euro fino a 2.000 euro per cancellare contenuti compromettenti, un vero e proprio meccanismo estorsivo.
Il racket dei siti sessisti
Le indagini rivelano come Phica.eu e gruppi collegati, come la community Facebook “Mia Moglie”, non si limitassero a insulti e commenti offensivi, ma avessero creato un vero business basato su revenge porn, ricatti ed estorsioni. L’ipotesi più grave è quella di associazione a delinquere.
Le indagini della Procura
Un vertice in Procura a Roma ha messo sul tavolo la possibilità di unificare le denunce, arrivate da diverse città italiane. Per ora non ci sono indagati ufficiali, ma i riflettori restano puntati su Vitiello e altri soggetti collegati.
Il coinvolgimento di Roberto Maggio
Nella vicenda compare anche il nome di Roberto Maggio, romano con domicilio tra Sofia e Dubai. Intervistato dal Tg5, ha dichiarato di non essere il gestore del sito ma solo il referente per i sistemi di pagamento esteri: “La nostra attività riguarda le transazioni, non i contenuti”.
Le vittime e le segnalazioni
A tutela delle donne finite sulle pagine di Phica.eu si è mossa l’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, che ha lanciato una class action insieme a un pool di 12 legali. Sono già centinaia le segnalazioni raccolte, con l’obiettivo di chiedere risarcimenti ai giganti del web e fermare un fenomeno definito come “stupri di gruppo virtuali”.