📍 Luogo: Napoli
La Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha ridotto la pena a Mariano Cannio, il collaboratore domestico che il 27 settembre 2021 lanciò dal balcone il piccolo Samuele Gargiulo, di soli quattro anni. La sentenza di primo grado lo aveva condannato a diciotto anni di reclusione. Ora, i giudici della Corte d’Appello, presieduta da Vittorio Melito, hanno accolto le attenuanti generiche ed escluso l’aggravante della minorata difesa, portando la condanna a dodici anni.
L’omicidio di Samuele Gargiulo: un gesto che ha sconvolto Napoli
Quel tragico giorno, nell’abitazione della famiglia Gargiulo in via Foria, nel cuore di Napoli, si consumò uno degli episodi più sconvolgenti degli ultimi anni. Mariano Cannio, 41 anni, lavorava da tempo come collaboratore domestico per la famiglia. Mentre la madre del piccolo Samuele era chiusa in bagno – all’ottavo mese di gravidanza – lui prese in braccio il bambino, lo portò sul balcone e lo lasciò cadere nel vuoto.
Durante l’interrogatorio, poche ore dopo i fatti, lo stesso Cannio confessò con freddezza: «L’ho preso in braccio, sono uscito fuori dalla finestra vicino alla cucina, mi sono sporto e l’ho lasciato cadere». Una frase che lasciò sgomenti non solo gli inquirenti, ma anche un’intera nazione.
Il profilo psichiatrico di Cannio: diagnosi e responsabilità
Nel corso delle indagini emerse che Cannio era seguito dai servizi psichiatrici dell’Asl Napoli 1 per disturbi della personalità, con diagnosi di bipolarismo e tratti schizofrenici. Tuttavia, secondo le perizie, al momento dell’omicidio era perfettamente capace di intendere e volere. Questo elemento ha giocato un ruolo determinante nel riconoscimento della sua responsabilità penale, nonostante il quadro clinico.
La famiglia Gargiulo aveva piena fiducia in lui. Nessun comportamento anomalo, nessun segnale d’allarme nei suoi confronti. Un contesto che rende ancora più difficile accettare l’accaduto.
La difesa e i tentativi di ridimensionare la colpa
Nel tentativo di alleggerire la propria posizione, Cannio parlò di un improvviso capogiro mentre teneva in braccio il bambino. Una versione che non convinse mai del tutto gli investigatori, convinti fin da subito della volontarietà del gesto. Le indagini hanno confermato che si è trattato di un atto deliberato, escludendo ogni ipotesi di incidente.
Il dolore dei familiari e il messaggio d’addio a Samuele Gargiulo: «Sei un angelo speciale»
Durante i funerali, familiari e amici si sono stretti nel dolore attorno ai genitori del piccolo Samuele. «Sei un angelo speciale», hanno scritto in un messaggio carico d’amore e strazio. La vicenda ha lasciato un segno profondo nella città di Napoli e nell’Italia intera, diventando il simbolo di una tragedia inspiegabile.
La sentenza d’appello: una ferita ancora aperta
Con la riduzione della pena da 18 a 12 anni, la giustizia ha scritto un nuovo capitolo su questa tragica vicenda. Ma per la famiglia Gargiulo, nessuna sentenza potrà restituire ciò che è stato tolto. Il dolore resta immutato, mentre l’opinione pubblica si interroga sull’equilibrio tra giustizia e compassione per chi, pur seguito da servizi psichiatrici, ha compiuto un atto così estremo.