C'è anche l'ergastolano Franco Cataldo
Tra i detenuti che in queste ore hanno beneficiato della scarcerazione e delle misure di custodia alternative al carcere per il rischio Covid-19. Si tratta dell'uomo che nell'estate del 1994 tenne segregato il piccolo Giuseppe di Matteo, il figlio del pentito Santino di Matteo, barbaramente ucciso dalla mafia e disciolto nell'acido per ordine dei Corleonesi di Totò Riina. Cataldo, originario di Gangi, nel Palermitano, è stato condannato per il sequestro e l'omicidio del piccolo perché individuato come colui che tenne segregato il piccolo per oltre due mesi prima del suo assassinio.
Franco Cataldo anziano e malato
A Cataldo sono stati concessi gli arresti domiciliari valutando in particolare il suo precario stato di salute. L'uomo infatti è anziano e malato e per il pericolo che potesse contrarre in carcere il Coronavirus gli è stato concesso di tornare nella sua casa di Geraci Siculo, sempre nel Palermitano. Per lui i giudici hanno applicato le norme varate per ridurre il numero delle persone detenute nell'attuale periodo di emergenza Coronavirus.
Tenne in custodia il piccolo nei suoi campi agricoli
Come ricostruito dai processi a suo carico, Franco Cataldo tenne in custodia il piccolo, in catene, nei suoi campi agricoli. A consegnarlo a lui dopo il rapimento da parte della mafia per imporre al padre del bimbo di ritrattare le proprie accuse, gli uomini di Riina. L'uomo riconsegnò il bambino agli uomini di mafia all'inizio della stagione delle olive, perché gli serviva il capanno in cui veniva tenuto il ragazzino, poi assassinato e sciolto nell'acido su ordine di Giovanni Brusca il 12 gennaio 1996. (Fanpage)
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