Mazzette per corrompere che nella pubblica amministrazione a volte arrivano al massimo a 50 euro. Ed è anche per questo che ormai le mafie fanno sempre più uso nella corruzione per i rapporti con il pubblico: un fenomeno che in tempi di emergenza coronavirus porta a effetti devastanti. Sono due gli aspetti fondamentali sottolineati dalla relazione annuale dell’Autorità nazionale anticorruzione, presentata al Parlamento. Un rapporto che arriva durante l’emergenza coronavirus: “Abbassare la guardia e alimentare la percezione generale che il problema della corruzione non sia poi così rilevante, soprattutto in un periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo, sarebbe un grave errore e un arretramento rispetto agli importanti passi avanti compiuti”, scrive Francesco Merloni, presidente dell’Anac ad interim dopo l’addio di Raffaele Cantone e in attesa della nomina di un successore da parte del Parlamento. “Dietro consensi di facciata – ha detto il presidente facente funzioni – abbiamo registrato resistenze, spesso silenziose e tenaci, accompagnate da tentativi di dipingere l’Autorità per quello che non è mai stata e si è sempre sforzata di non essere, come un intralcio o un produttore di nuovi vincoli, solo perché presente e attiva. Le resistenze restano. Né si può immaginare un cambiamento immediato della cultura amministrativa”.

“Funzionari corrotti anche con un abbacchio”

Il primo allarme lanciato dal numero uno di Anac è indirizzato alla pubblica amministrazione. “Il fenomeno corruttivo è piuttosto polverizzato e multiforme, e coinvolge quasi tutte le aree territoriali del Paese. Il valore della tangente è di frequente molto basso e assume sempre di più forme diverse dalla classica dazione di denaro, come l’assunzione di amici e parenti. Desta particolare allarme il fatto che la funzione pubblica sia venduta per molto poco, 2.000 o 3.000 euro, a volte anche per soli 50 o 100 euro“, scrive Merloni. Il punto della corruzione nella pubblica amministrazione è particolarmente dettagliato nel rapporto. “Tra le contropartite più singolari – si legge -, figurano ristrutturazioni edilizie, riparazioni, trasporto mobili, pasti, pernottamenti e buoni benzina. Pensate che in un caso segnalato quest’anno, in cambio di un’informazione riservata è stato persino offerto un abbacchio“.

“Funzionari sotto inchiesta? Spostati solo dopo segnalazioni Anac”

Il bello è che spesso la rotazione nei confronti del dipendente coinvolto in procedimenti penali o disciplinari per casi di corruzione non sempre avviene su iniziativa delle amministrazioni, ma solo dopo l’intervento dell’Anac. “Nel 2019 – si legge sempre nel rapporto – l’Anac ha destinato particolari sforzi per verificare la corretta applicazione della rotazione straordinaria nei confronti del personale coinvolto in procedimenti penali o nei cui confronti sia stato avviato un procedimento disciplinare per condotte di natura corruttiva. In particolare, l’Autorità ha effettuato 85 procedimenti di vigilanza sulla corretta applicazione della rotazione straordinaria. L’attività ha evidenziato le criticità già rilevate in passato. In particolare, la circostanza che le amministrazioni, avuta formale notizia di procedimenti penali di natura corruttiva, non sempre procedono alla rotazione assegnando il dipendente ad altro ufficio o servizio come prevede la legge. In casi frequenti, infatti, la rotazione è stata attivata solo successivamente all’impulso dell’autorità”, si legge nella relazione.

“Mafie e tangenti, durante l’emergenza effetti devastanti”

Sull’altro fronte, quello delle mafie, il report sottolinea come il trend del fenomeno corruttivo “è in continuo aumento. Nel 2019 sono stati comunicati 633 provvedimenti di interdittiva Antimafia, contro i 573 del 2018, il 10% in più, e dal 2015 siamo circa a 2.600. Il dato è molto preoccupante perché le organizzazioni criminali ricorrono sempre più spesso a sistemi corruttivi per raggiungere i loro scopi, approfittando anche delle situazioni emergenziali come quella in corso, con effetti devastanti sul sistema economico e sulle imprese sane, già pesantemente colpite dalla crisi”.

“Aumentano le denuncie dei whistleblowing” –

Sempre sul fronte della pubblica amministrazione nella relazione annuale si fa notare come “l’istituto del whistleblowing ha avuto, anche nel corso del 2019, un vero e proprio andamento esponenziale se si considera che si è passati dalle 125 segnalazioni del 2015 alle 873 del 2019, per un totale complessivo di circa 2330 segnalazioni”. I dipendenti pubblici che hanno segnalato illeciti di cui sono venuti a conoscenza sul luogo di lavoro: 125 nel 2015, 183 nel 2016, 364 nel 2017, 783 nel 2018, 873 nel 2019. Le segnalazioni di whistleblowing ricevute dall’Anac nel 2019 sono state quindi 90 in più del 2018 (+11%), pervenute in grande maggioranza tramite l’apposita piattaforma informatica protetta. Più della metà tuttavia (488 in tutto) sono state soggette ad archiviazione diretta in quanto relative a materie che esulano dalle competenze di Anac. Le segnalazioni che avevano ad oggetto illeciti rilevanti sotto il profilo penale o erariale, sono state inoltrate alle Autorità competenti nel rispetto della riservatezza dell’identità del segnalante: 112 alla Procura della Repubblica e 89 alla Corte dei conti. Da rilevare anche l’aumento, per certi versi preoccupante, delle comunicazioni inerenti misure discriminatorie verso i segnalanti, pari a circa 70. Sotto questo profilo, nel 2019 l’Anac ha irrogato la prima sanzione (5mila euro), comminata a un dirigente di un comune del Casertano, quale firmatario di provvedimenti ritorsivi verso un dipendente che aveva denunciato presunte irregolarità in Procura.

“Supercommissari? Non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio”

Sul fronte della ripartenza, l’Anac lancia più di un’allerta: “Sembrano riaffacciarsi in questi giorni ipotesi rischiose come quelle di un largo utilizzo dei super-commissari, del modello Genova per alcuni appalti sopra soglia, con amplissime deroghe, e l’affidamento diretto fino a 150.000 euro senza alcuna consultazione delle imprese. Non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio. Al contrario, le deroghe indiscriminate creano confusione e le imprese non hanno punti di riferimento e si rischia di favorire la corruzione e la paralisi amministrativa”, spiega il dossier. “Dopo il provvedimento del 2019 – continua – vi è ora il rischio di uno sblocca cantieri-bis, con le stesse problematiche. Le perplessità che l’Autorità aveva su quel decreto trovano una conferma nei dati: a fronte di una crescita del mercato del 23%, quella degli appalti sotto soglia, oggetto delle semplificazioni normative, è stata di poco oltre il 10%. Dunque, non si è avuto nessun beneficio concreto, e il dato non deve stupire più di tanto: i cantieri più piccoli non avevano alcuna necessità di sblocco, perché già ci sono gli strumenti per avviare e chiudere velocemente le gare”.

“Appalti scesi del 24% con il Covid”

Il rapporto, chiaramente, dedica ampia parte del suo contenuto al periodo del coronavirus, che ha determinato, com’era prevedibile, un calo drastico degli appalti: “Nel primo quadrimestre 2020 gli appalti sono scesi del 24% per numero e del 33% in valore, pari a 18,6 miliardi in meno. La Regione più colpita è la Lombardia (-63%, pari a una flessione di circa 10 mld), mentre alcune Regioni nel primo quadrimestre 2020 hanno fatto addirittura registrare dati positivi, come il Lazio (+14%, pari a 550 mln)”. Va tuttavia rilevato, continua l’autority, “che a causa dell’emergenza sanitaria 22mila procedure di gara, per un valore di 23 miliardi, non sono ancora state perfezionate (ovvero non è stato pubblicato il bando o la lettera di invito). Dal momento che il tasso di perfezionamento delle procedure si aggira attorno al 90%, è possibile ipotizzare che i dati definitivi, sia a livello nazionale che locale, saranno assai meno negativi di quanto appaiano attualmente. Sarà a ogni modo possibile avere il quadro completo sull’andamento del mercato solo nelle prossime settimane”. A livello geografico, il Nord – parte più colpita dall’epidemia – ha registrato un calo di circa il 50% rispetto all’anno scorso (-14 miliardi) del valore degli appalti. Sul dato della flessione nazionale, pari a 18,6 mld, il Nord pesa per l’80%. E’ quanto emerge dai dati Anac che precisa come a causa dell’emergenza 22 mila procedure di gara, per 23 miliardi, non sono ancora state perfezionate. Dal momento che il tasso di perfezionamento delle procedure si aggira sul 90%, è possibile che i dati definitivi saranno meno negativi di quanto appaiano attualmente.(

“Per l’emergenza già spesi 3 miliardi, comportamenti speculativi nelle forniture”

L’emergenza sanitaria ha determiano un “impatto molto rilevante sulla finanza pubblica. A questo dato, legato in parte alle naturali dinamiche del mercato connesse all’accaparramento di tali prodotti sullo scenario internazionale, non possono ritenersi estranei comportamenti speculativi e predatori da parte di soggetti variamente posizionati lungo la catena di fornitura, come già emerso da svariate indagini della magistratura”, si legge nel rapporto. Secondo l’Autorità, “è evidente, peraltro, che queste spese sono destinate ad una crescita consistente nel breve-medio periodo, visto che l’atteso riavvio delle attività dovrà essere supportato da una più ampia e capillare distribuzione di dispositivi di protezione individuale e dei sistemi di diagnosi. La domanda di tali beni potrebbe quindi attestarsi su valori multipli rispetto a quelli relativi al periodo già trascorso, impegnando una quota ancora più ingente della spesa pubblica nazionale”. Sul fronte dei numeri nel primo quadrimestre del 2020 la Banca dati nazionale dei contratti pubblici detenuta dall’Anac ha registrato 61.637 procedure connesse all’emergenza sanitaria, per una spesa complessiva di 3 miliardi. La voce di spesa più significativa è quella relativa alla fornitura di dispositivi di protezione individuale (dpi), che da sola rappresenta quasi il 70% del totale: mascherine (oltre un miliardo, il 38%) e altri dpi come guanti, camici e visiere (942 mln). Solo il 3% per i tamponi. Per questo motivo l’Anac ha sottolinato “l’abnorme lievitazione dei prezzi” rispetto ai prezzi riconoscibili ante emergenza e forte variabilità degli stessi sul territorio nazionale e scostamento nella qualità e quantità delle forniture rispetto alle caratteristiche richieste. La gran parte dell’importo, oltre 2 miliardi, è riferibile al periodo più critico dell’emergenza, ovvero qello compreso fra il primo marzo e il 10 aprile. La spesa legata all’emergenza Covid è stata gestita per poco più di un terzo a livello centralizzato nazionale (39%) e per la parte restante a livello regionale (61%). La spesa direttamente riferibile agli enti locali è invece del 4,5%”.

44 appalti commissariati

Sul fronte degli appalti commissariati sono 44 quelli, fra il 2014 e il 2019, per i quali ha chiesto e ottenuto il commissariamento dalle prefetture competenti per vicende di matrice corruttiva. “Nel 2019 sono stati quattro: lavori per la manutenzione del depuratore del comune di Capistrello (l’Aquila), interventi di efficientamento energetico in una scuola di Piglio (Frosinone), l’affidamento di servizi socio-sanitari e assistenziali in provincia di Alessandria e Genova e il contratto di noleggio di alcuni mezzi da cantiere in provincia di Sondrio. La ratio dell’istituto è di evitare che gli illeciti commessi dall’impresa aggiudicataria incidano sui tempi di esecuzione o pregiudichino la realizzazione delle opere”, si legge nel rapporto. “Particolarmente efficace si è rivelato negli anni l’istituto della vigilanza collaborativa, che dal 2014 ha portato l’autorità a vagliare in via preventiva 239 appalti sottoposti volontariamente dalle amministrazioni a verifiche preventive di legittimità”. Fonte: ilfattoquotidiano.it Leggi anche: Salvini: Spero di chiudere tutti i campi rom con un lucchetto Metti like alla pagina 41esimoparallelo e iscriviti al gruppo 41esimoparallelo
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