NAPOLI. Prima un giubbotto. Poi jeans, vestiti per cerimonie. Poi e' diventata una consuetudine. Chiunque del gruppetto entrasse riusciva a pretendere e ottenere tutto cio' che voleva. Anche soldi in prestito, che non hanno mai restituito e la cosiddetta 'tassa della tranquillita''.

Il pizzo di Natale

L'odioso pizzo. Una cifra considerevole, 1.500 euro, a cui un piccolo imprenditore del quartiere napoletano di Chiaiano, doveva sottostare per tre volte all'anno. A Pasqua, a Natale e a Ferragosto. Se non avesse pagato ci sarebbero state ripercussioni.

Cosi', il tempo e' passato gli strozzini sono diventati sempre piu' pressanti e volendo ancora piu' pretenziosi. Questo il pericolo scenario ricostruito dagli investigatori della Squadra Mobile di Napoli che ieri, al termine di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, hanno sottoposto a fermo sette persone, tutte gravemente indiziate di estorsione e tentata estorsione.

Gli arresti a Napoli

In carcere, grazie all'azione anche dei poliziotti del commissariato di Scampia. In manette Eduardo Franco Romano, 52 anni, Cristian Celentano, 28 anni, Maurizio Aceto, 26 anni, Antonio Aceto, 21 anni, Luciano Carbone, 26 anni, Giovanni Castiello, 31 anni, e Salvatore Maggiore, 18 anni. Sono tutti legati ai boss del clan Lo Russo, o meglio a cio' che resta della cosca dissolta da arresti e pentimenti.

Le richieste estorsive, hanno ricostruito i poliziotti, sarebbero partite nel settembre 2022 e sarebbero andate avanti fino ai giorni immediatamente precedenti all'esecuzione del provvedimento. 

Come fa sapere l'Ansa, i sette, facendo intendere di essere legati ai clan, avrebbero imposto il pagamento del pizzo, quantificato nelle tre rate, ma avrebbero anche continuamente vessato il titolare del negozio con richieste estorsive di altro genere: avrebbero imposto i gadget natalizi e avrebbero in più occasioni preso merce totalmente gratis o avrebbero costretto il commerciante a consegnarla a credito, con la promessa di un pagamento futuro.

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